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Bias e euristiche – le trappole della negoziazione

Negoziare e gestire razionalmente significa prendere decisioni all’interno di un processo di pensiero che consenta, attraverso l’attuazione di processi mentali logici e razionali, di ottenere e gestire non un accordo qualsiasi ma il miglior accordo possibile.

I processi mentali possono però essere ostacolati, dal fatto che le persone facciano ricorso a bias ed euristiche per valutare situazioni e concessioni.

Avremo molte volte sentito frasi del tipo: “Ho sempre ragionato così e mi sono sempre trovato bene”. Quello  che però vorremmo far capire dalla lettura di questo articolo è che nel ragionare su di un determinato argomento o nella gestione di una negoziazione non dobbiamo aver fretta di arrivare alle conclusioni. I modi di pensare o di ragionare, che in situazioni precedenti hanno avuto una certa validità, non possono sempre essere applicati allo stesso modo.

 

 

“Quante volte, nel decidere un investimento economico o il luogo dove trascorrere le prossime vacanze, nello stipulare un’ assicurazione o persino nel fornire un parere professionale, nella scelta di un lavoro o della scuola a cui mandare i nostri figli, ci siamo affidati all’intuizione o, più semplicemente, al buon senso?

Niente è più naturale del resto: ogni giorno dobbiamo risolvere decine di problemi piccoli e grandi, nei campi più disparati, con informazioni spesso insufficienti, e con poco tempo a disposizione. Per trarci d’impaccio abbiamo imparato a servirci di una specie di “colpo d’occhio” mentale o, se vogliamo, a prendere delle scorciatoie per riuscire a tagliare il traguardo della soluzione nel tempo massimo che ci è concesso. Quale cacciatore, per esempio esperto di balistica, si metterebbe mai a calcolare con carta e penna la traiettoria del suo proiettile avendo di fronte un leone inferocito? Il cacciatore, e noi con lui, preferisce azzardare una risposta al problema nel più breve tempo possibile, piuttosto che essere sbranato dal problema prima di aver trovato la soluzione giusta. Ma quel “colpo d’occhio “che ci rende quotidianamente tali servigi è anche la fonte principale dei nostri errori”. [1]

 

Bias

è un termine inglese, che trae origine dal francese provenzale biais e significa obliquo, inclinato. Questo termine, a sua volta trae origine dal latino e, prima ancora, dal greco epikársios: obliquo. Inizialmente tale termine era usato nel gioco delle bocce, soprattutto per indicare i tiri storti che portavano a conseguenze negative.

Applicato in questo contesto è una forma di distorsione della valutazione causata dal pregiudizio, a cui tutti noi siamo soggetti. Contribuendo alla formazione del giudizio, il bias può influenzare le nostre opinioni e comportamenti.

 

Euristiche

dal greco heurískein: trovare, scoprire. Le euristiche sono procedimenti mentali intuitivi e sbrigativi, in pratica delle scorciatoie del pensiero che permettono di costruire un’idea generica su un argomento, senza effettuare troppi sforzi.

Acquisite dal cervello, nel corso dell’evoluzione dell’uomo, sono state utili per la sopravvivenza dell’individuo costretto a dover prendere decisioni in modo rapido ed efficace, in tutte quelle situazioni in cui non ci si poteva permettere il lusso di fermarsi a pensare  quale fosse la soluzione migliore per uscire da una situazione di pericolo o per il raggiungimento di un certo obiettivo.

 

I principi che si davano per scontato fino al 1950 sulla natura umana

Gli studi su bias e euristiche si svilupparono a partire dal 1950. Fino a tale periodo due erano stati i principi che si davano per scontato riguardo la natura umana:

  1. La gente è perlopiù razionale ed il suo pensiero è di norma sensato.
  2. Emozioni come la paura, l’affetto e l’odio sono le ragioni che spiegano quasi tutti i casi di scelte non razionali.

 

 

Gli studi sui processi decisionali dopo il 1950

A partire dal 1950 l’economista e psicologo statunitense Herbert Simon (1916-2001), premio Nobel per l’economia nel 1978, iniziò ad effettuare diverse ricerche riguardanti i processi decisionali degli individui in ambito economico. Le sue conclusioni furono che in economia le decisioni perfettamente razionali molto spesso non sono realizzabili nella pratica a causa della complessità della situazione e dell’incapacità degli individui di elaborare e calcolare l’utilità attesa di ogni azione alternativa.

 

 

Le ricerche di Kahneman, Smith e Tversky dal 1970

È comunque a partire dagli anni settanta con il lavoro psicologo israeliano Daniel Kahneman (1934)[2] vincitore insieme all’economista statunitense  Vernon Lomax Smith (1927) del premio Nobel per l’economia nel 2002 e allo psicologo israeliano Amos Tversky (1937-1996), che il concetto di “euristica”, associandolo a quello dei “biases” emerge in modo chiaro in ambito economico.

Kahneman e Tversky, attraverso due articoli apparsi sulle riviste americane “Science” nel 1974 e su “Econometrica” nel 1979, intitolati rispettivamente: “Judgment under uncertainty: heuristics and biases” (Il giudizio in condizioni di incertezza: euristiche e bias) e “Prospect theory, an analysis of decision under risk” (teoria del prospetto, un’analisi del processo decisionale in condizioni di rischio), contestando i principi che erano stati ritenuti validi fino al 1950 riguardo il pensiero razionale delle persone, fecero emergere attraverso risultati di studi ed esperimenti di laboratorio che le euristiche benché in generale siano piuttosto utili, poiché funzionano come scorciatoie mentali che utilizzando informazioni immagazzinate nella nostra memoria, ci portano a rapide conclusioni con il minimo sforzo cognitivo; producono però tendenze di ragionamento (bias) che portano ad importanti e sistematici errori di giudizio che alla lunga diventano pregiudizi su cose mai viste o di cui non si è mai avuto esperienza.

Tali articoli influenzarono in modo significativo il punto di vista degli economisti basato, fino ad allora, sull’ipotesi di fondo che il comportamento economico dei singoli operatori economici fosse un comportamento razionale, finalizzato ad una massimizzazione dell’utilità.

Il premio Nobel in economia che l’accademia delle scienze svedese ha assegnato a Kahneman e Tversky nel 2002 (Tversky era morto nel 1996) con la motivazione: «per avere integrato risultati della ricerca psicologica nella scienza economica, specialmente in merito al giudizio umano e alla teoria delle decisioni in condizioni d’incertezza», sancirà poi definitivamente la maggior attenzione da parte degli economisti all’analisi della comprensione dei fenomeni e delle decisioni economiche, anche sotto il profilo psicologico.

I concetti riguardanti le euristiche ed i bias sono stati poi successivamente approfonditi anche da altri psicologi ed economisti allo scopo di spiegare i comportamenti irrazionali delle persone in molti settori, quali la diagnosi medica, il verdetto legale, la finanza, l’economia e la pubblicità. Sopratutto quest’ultima infatti si basa molto più sui meccanismi di funzionamento dei bias piuttosto che sulle  vere capacità dei prodotti o servizi pubblicizzati.

Per tutti noi alle prese con le negoziazioni della vita, conoscere meglio i bias e le euristiche ci aiuterà a prendere, soprattutto in condizioni di incertezza, decisioni più efficienti ed a evitare di commettere gravi errori di valutazione.

Negli articoli successivi andremo a descrivere alcune delle principali trappole psicologiche che possono condizionare le attività di percezione di chi negozia e gestisce, in particolare :

 

[1]  Marco Besozzi (2013) Errori cognitivi e decisioni mediche. Applicazioni e utilità del teorema di Bayes nella diagnostica di laboratorio

[2] Uno dei libri di maggior prestigio di Kahneman è: Thinking, Fast and Slow, pubblicato nel 2011. Il libro che sintetizza i lavori  svolti nell’arco di decenni, anche con l’aiuto del collega Amos Tversky, è stato vincitore del National Academis Communication Award del 2012; con la motivazione di: miglior lavoro creativo che aiuta la comprensione pubblica di argomenti in scienze comportamentali, ingegneria e medicina.  Il libro è anche disponibile in italiano con il titolo: Pensieri lenti e veloci. Mondadori Editore.

 


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