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Il Principio di Autorità

Più le persone sono percepite come autorevoli, più le ascoltiamo

Tutti noi siamo stati educati fin dalla nascita, indipendentemente dal tipo di educazione ricevuta, a rispettare e ad ubbidire all’autorità, che man mano che crescevamo era rappresentata da: genitori, insegnanti, professori, il capo ufficio, militari, agenti di polizia, dottori e così via.

Tutto ciò è normale, rientra nella cultura della società civile che, nella maggior parte dei casi, ci porta a pensare che seguire gli ordini, le indicazioni ed i suggerimenti dell’autorità potrà portarci solo dei vantaggi. Mentre al contrario disobbedire è sempre uno sbaglio. Nella stessa Bibbia, Adamo ed Eva vengono puniti, proprio per aver disubbidito all’autorità.

Il principio dell’autorità si basa quindi sul fatto che generalmente più le persone sono percepite come autorevoli, più le ascoltiamo. Presumiamo infatti che se abbiano raggiunto una posizione di prestigio, è proprio grazie ad una loro superiore competenza e questo fa sì che sappiano quello che dicono.

Conformarci ai dettami dell’autorità ci fornisce inoltre un’utile scorciatoia per decidere come comportarci nelle situazioni in cui non è chiaro che cosa fare. In tali casi non dovremmo perdere tempo a pensare, in quanto se l’autorità ha detto di comportarci così vuol dire che è la decisione più giusta da prendere.

Fin qui tutto bene. Il problema si ha quando gli esperti della persuasione utilizzano questa particolare attenzione che abbiamo verso chi si presenta a noi come figura autorevole, per farci seguire determinati comportamenti o compiere certe azioni, facendoci credere che queste siano le più adatte alla situazione.

 

L’esperimento Milgram

Parlare in modo esaustivo del principio di Autorità non è possibile senza fare riferimento all’esperimento svolto nel 1961 dallo psicologo americano Stanley Milgram (1933 – 1984) nell’Università di Yale.

Obiettivo dell’esperimento era lo studio del comportamento delle persone nei confronti dell’autorità che nel caso in questione era rappresentata da un “ricercatore” universitario, con tanto di camice bianco, tesserino col nome e la qualifica; costui si presentava come uno scienziato responsabile di un esperimento sulla memoria.

I soggetti “partecipanti” all’esperimento erano dei volontari, reclutati tramite inserzioni su giornali locali, a cui veniva chiesto di condurre una serie di test di memoria su un’altra persona a loro sconosciuta, che apparentemente sarebbe stata “la cavia” oggetto del test di memoria ma in realtà era un attore complice del “ricercatore”.

L’esperimento cominciava con il “ricercatore” universitario che chiedeva al “partecipante” di aiutarlo a legare la “cavia” ad una sedia e poi gli apponevano degli elettrodi sulle braccia.

Al “partecipante” veniva poi chiesto di rivolgere alla “cavia” delle domande oggetto del compito di memoria.

Ogni volta che la “cavia” non riusciva a produrre una risposta corretta al compito di memoria, il “ricercatore” universitario invitava il soggetto “partecipante” a somministrare una scossa elettrica alla “cavia” con lo scopo di punirlo per l’errore commesso.

I livelli di somministrazione delle scosse elettriche aumentavano di dosaggio con il progredire degli errori commessi dalla “cavia”.

Per fortuna si trattava di finte scariche elettriche. Come dicevamo la “cavia” era un attore complice del “ricercatore” ma il soggetto “partecipante” non lo sapeva.

La “cavia” che riceveva le finte scosse elettriche, dapprima simulava di lamentarsi un poco dal dolore, poi con l’aumentare dell’intensità delle finte scosse, iniziava a lamentarsi sempre di più, fino a supplicare il soggetto “partecipante” di porre fine al test e di conseguenza alle scosse elettriche, arrivando alla fine anche di far finta di svenire pur di far smettere l’esperimento.

Ai soggetti “partecipanti” che visti i lamenti sempre più insistenti delle “cavie”, chiedevano di interrompere l’esperimento, il “ricercatore” imponeva loro di continuare a portare a termine il lavoro.

Esperimento Milgram
Esperimento Milgram – Il “Ricercatore” (V) ordina al soggetto “Partecipante” (L)  di punire con scosse elettriche il soggetto “Cavia” (S). Per fortuna quest’ultimo era un attore che fingeva di ricevere le scosse.

 

Alla fine, i risultati emersi dell’esperimento dello psicologo Stanley Milgram ebbero dell’incredibile.

Anche se con riluttanza, circa il 65% dei “partecipanti”, i veri soggetti del test, acconsentì a completare l’esperimento, infliggendo così tutta la sequenza di scariche elettriche previste dalla procedura del test.

Scariche, la cui intensità, sarebbero state per i soggetti del test molto pericolose per la loro salute.

Esperimento di Milgram

L’esperimento Milgram è diventato molto noto in ambito psicologico in quanto ha rivelato l’estrema disponibilità di persone adulte a:

  • contrastare gli ordini del “capo” in quel momento rappresentato dal “ricercatore” in camice bianco che li incitava, spesso con veri e propri ordini, a fare il loro dovere, nonostante il male fisico e psicologico provocato verso vittime innocenti;
  • seguire fino in fondo, anche se con riluttanza, gli ordini di persone che si ritengono essere autorevoli, anche quando tali decisioni sono immorali.

Se vuoi approfondire le dinamiche ed i risultati dell’esperimento Milgram, devi assolutamente leggere il libro scritto proprio da Stanley Milgram è: Obbedienza all’autorità. Uno sguardo sperimentale.

Ricordiamo, inoltre, che l’esperimento ebbe molta notorietà anche in quanto incominciò tre mesi dopo l’inizio del processo a Gerusalemme nei confronti del criminale nazista Adolf Eichmann (1906 – 1962), accusato di crimini contro l’umanità, contro il popolo ebraico e crimini di guerra.

Milgram dichiarò che uno degli scopi dell’esperimento era anche quello di indagare sul motivo che spingeva tanti soldati nazisti a compiere atrocità sotto il comando dei loro superiori.

Considerato uno dei maggiori responsabili dello sterminio degli ebrei nella Germania nazista, Adolf Eichmann, per tutto il processo si difese, dichiarando che stava semplicemente eseguendo degli ordini.

Ad una domanda fatta durante il processo nella quale gli si chiedeva se gli ebrei fossero destinati o meno ai campi di sterminio, Eichmann rispose: “Non lo nego. Non l’ho mai negato. Ricevevo degli ordini e dovevo eseguirli in virtù del mio giuramento. Non potevo sottrarmi e non ho mai provato a farlo. Ma non ho mai agito secondo la mia volontà (…) Obbedivo ed eseguivo gli ordini che ricevevo. Io non ero un imbecille ma ricevevo ordini”.

Se vuoi approfondire le tue conoscenze sul principio di autorità, ti consigliamo di leggere i resoconti del processo Eichmann. Quelli più famosi e significativi sono quelli della storica e scrittrice tedesca Hannah Arendt raccolti poi nel libro: La banalità del male – Eichmann a Gerusalemme.

Seguendo tutto il processo, la Arendt ricavò l’idea che il male commesso sia da Eichmann sia dalla maggior parte dei tedeschi che si resero corresponsabili dei crimini in particolare contro gli ebrei, fosse causato non da un’indole maligna delle persone quanto piuttosto da una completa incapacità di elaborare il significato delle proprie azioni e di conseguenza delle loro conseguenze. La stessa figura di Eichmann descritta dalla Arendt era quella non di una belva nemica di un popolo ma di una persona tutto sommato ordinaria che sempre negando di odiare gli ebrei, riconobbe solo la colpevolezza di aver eseguito quegli ordini che arrivavano dai suoi superiori.

 

Principio di autorità

 

Modalità per apparire più autorevole

Diversi sono i simboli capaci di attivare la nostra risposta automatica di accondiscendenza, anche quando la sostanza autentica dell’autorità non c’è affatto.

In particolare, secondo Robert Cialdini, possiamo apparire più autorevoli attraverso l’utilizzo di tre modalità: Titoli, Abiti e Ornamenti:

 

Titoli

Molte persone appena scoprono il titolo di studio, lo status sociale o professionale della persona con cui si stanno approcciando come ad esempio un medico, un professore universitario, un ingegnere, un avvocato, tendono immediatamente a diventare più rispettose e remissive.

I titoli sono molto faticosi da acquisire in quanto richiedono molti anni di studio e di impegno.

Un professionista della persuasione non avrà quindi nessun problema a fregiarsi della pura e semplice etichetta, ottenendo così le stesse reazioni automatiche di deferenza.

Ecco perché al fine di ottenere un immediato rispetto, truffatori di ogni tipo si inventano titoli privi di alcun valore legale.

 

Abiti

Un proverbio dice: “L’abito non fa il monaco”. Purtroppo, non è così. In molti casi è proprio l’abito a fare il monaco.

La nostra reazione davanti a certi tipi di abbigliamento è automatica, non conta chi li indossa.

La nostra mente tende infatti ad associare caratteristiche di personalità delle persone, sia in positivo che in negativo in base al tipo di abbigliamento da loro indossato. Vedi ad esempio, il classico vestito elegante con la cravatta. Il solo fatto di vestirsi in modo distinto conferisce una certa autorevolezza, indipendentemente da chi venga indossato.

Stessa cosa riguarda chi indossa un camice bianco. Una persona che indossa un camice bianco sarà sicuramente più persuasiva nell’esprimere un giudizio sulla salute, indipendentemente dal fatto che sia un medico o meno. È il caso degli spot pubblicitari in cui si utilizzano attori vestiti da medico per pubblicizzare prodotti quali dentifrici, spazzolini, creme di bellezza e tanto altro.

Nel libro: Le armi della persuasione. Come è perché si finisce col dire di Sì,  Cialdini descrive gli effetti della combinazione di due tipi di abbigliamento: l’uniforme da guardia giurata ed un completo da uomo d’affari per persuadere le persone, perlopiù anziani che vivono da soli, a cadere nella “truffa dell’ispettore bancario”.

La truffa ha inizio nel momento in cui un uomo vestito molto elegantemente si presenta alla porta dell’ignara vittima e con un tono molto professionale e dichiara di essere un “ispettore” bancario incaricato di verificare incorrettezze causate da un funzionario che falsifica i dati dei conti bancari dei vari correntisti, tra cui il suo.

L’”ispettore” chiede all’anziana persona di andare in banca, effettuare un prelievo e ritornare a casa con il contante, così da verificare insieme il risultato dell’indagine.

Molte persone cadono nella trappola in quanto sono così influenzate dall’autorevolezza, dal bell’aspetto e dai modi convincenti dell’”ispettore” da dare per scontato che una così elegante e importante persona sia effettivamente quello che dice di essere. Non pensano neanche di telefonare in banca per chiedere conferma dell’indagine o a qualche conoscente o parente per farsi consigliare.

Una volta effettuato il prelievo e dopo circa un’ora dalla chiusura della banca ecco arrivare una guardia giurata in uniforme che comunica all’”ispettore” che è tutto a posto. Il prelievo ha permesso di verificare che il conto non è tra quelli manomessi.

A quel punto ringraziando calorosamente la vittima della collaborazione, l’”ispettore” gli comunica che, dal momento che la banca è ormai chiusa per i correntisti, sarà compito della guardia giurata riportare i soldi in banca, così da evitargli un’ulteriore perdita di tempo l’indomani per il versamento sul conto. Con sorrisi e strette di mano, la “guardia giurata” prende i soldi dalla “vittima”, lasciando l’”ispettore” o meglio il complice ad effettuare qualche altro minuto di convenevoli.

 

Ornamenti

Un bell’orologio, un gioiello di pregio, una bella macchina, sono segni esteriori che portano le persone a pensare che il possessore di quegli oggetti ha raggiunto un elevato status sociale ed un buon livello di ricchezza o di potere.

Coloro che li possiedono sono quindi inconsapevolmente posti ad un livello superiore. Se possiedono quei bei ornamenti è grazie alla loro superiore capacità ed autorità che ci induce a pensare che si tratta di persone altolocate e quindi da tenere in adeguata considerazione.

Molti automobilisti in coda ad un semaforo aspettano a suonare il clacson, quando il semaforo diventa verde, se li precede una macchina di lusso mentre se si tratta di un’utilitaria economica si fanno meno problemi a suonare.

Gli ornamenti in generale sono un efficace meccanismo per influenzare gli altri ed ottenere l’assenso.

Principio di autorità

Per quanto sopra esposto se pensi che il principio di autorità su di te non abbia nessun effetto, ti sbagli e di tanto.

Proprio il fatto di sottovalutare tale principio spiega probabilmente il perché della sua grande efficacia.

Non è neppure essenziale che l’autorità sia vera. Basta semplicemente curare molto l’estetica e presentarsi e comportarsi come personaggi possessori di una certa autorevolezza.

Attenzione quindi alle sviste, a non farti imbrogliare e soprattutto a non cadere nelle trappole della negoziazione.

 


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