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Le persone e il conflitto

Di solito la maggioranza delle persone ha un atteggiamento sfavorevole verso il conflitto perché lo ritiene negativo e disfunzionale per la buona riuscita dei rapporti interpersonali e quindi la normale reazione degli individui verso il conflitto consiste per quanto possibile evitarlo.

In ambito lavorativo ad esempio, i vecchi modelli organizzativi che prevedevano uno svolgimento routinario delle attività lavorative consideravano negativamente il verificarsi di situazioni conflittuali. Le situazioni di conflitto si dovevano assolutamente eliminare e combattere con tutti i mezzi a disposizione, non appena si fossero manifestate, per evitare ritardi nello svolgimento delle attività.

Generalmente le persone tendono comunque ad evitare di sollecitare l’emergere di situazioni conflittuali sia per rispettare la norma sociale che prescrive di comportarsi in modo educato sia per il timore di scatenare conseguenze non controllabili come ansia, stress, preoccupazione e inquietudine.

In molti casi la tendenza ad eliminare qualsiasi tipo di conflitto interpersonale sta quindi:

  • nella limitata capacità di gestirlo
  • nel timore di mettersi troppo in gioco
  • nella paura di ritorsioni e di trovarsi in situazioni difficili
  • nell’angoscia di dover prendere decisioni urgenti o semplicemente di perdere troppo tempo.

Molte persone fanno di tutto per evitarlo in quanto sono bloccate dalla paura di essere abbandonate, di non esser più prese in considerazione o stimate dal resto della collettività.

Altri invece, dopo avere fatto emergere un conflitto, non riescono a portare avanti le loro motivazioni. In loro subentra infatti un senso di colpa. Compaiono così le prime scuse maldestre e si finisce per dare ragione all’altro o si rovina il rapporto.

Ad ogni modo quanto detto finora ci induce a pensare che il reale argomento non sia se il conflitto debba considerarsi in maniera assoluta negativo o positivo ma quale sia il livello di conflitto che può essere gestito. È infatti indubbio che il conflitto, se correttamente sollecitato e adeguatamente gestito, favorisca la comprensione delle problematiche tra le parti ed una volta chiaritosi sulla questione di turno, permette di raggiungere il consenso ed il rispetto sugli accordi raggiunti.

Ricordati che saper vivere i piccoli conflitti del quotidiano senza drammatizzare aiuta a evitarne di più grandi e dannosi.

La stessa psicologia sociale inoltre ha dimostrato che un certo numero di conflitti sono necessari, fin da piccoli, per lo sviluppo psichico e la formazione della personalità.

Possiamo quindi considerare che un conflitto possa ritenersi ben gestito, quando non ostacola in modo sostanziale i rapporti funzionali in essere tra tutte le parti coinvolte.

Pertanto, due persone, gruppi o organizzazioni potrebbero essere in disaccordo su alcuni punti ed in accordo su altri. Se però i livelli di risentimento tra le singole parti sono contenuti all’interno di confini di non disturbo e di efficienza di una relazione, il conflitto può ritenersi anche utile.

 

Modi per affrontare il conflitto

Vi sono diverse modalità per affrontare e gestire un conflitto interpersonale:

  1. Mi impongo
  2. Cerco un compromesso
  3. Propongo un rapporto di collaborazione
  4. Cedo alle richieste
  5. Non decido
  6. Lo evito

 

1 – Mi impongo

Cerco di risolvere il conflitto secondo le mie condizioni senza prestare attenzione agli interessi della controparte od in generale alla relazione.

Tenderò a sminuire ed a ridicolizzare la posizione della controparte. Farò passare le sue idee e ragionamenti come assurdi. Imposterò la questione come si trattasse di una questione di principio.

Utilizzerò argomentazioni persuasive. Con il mio fare aggressivo e deciso, voglio far capire alla controparte che se non accetterà il mio punto di vista, andrà incontro a sicure perdite, mancati guadagni e penalità.

È il classico atteggiamento in cui prevale una negoziazione di tipo competitivo – win-lose.

 

2 – Cerco un compromesso

Cercare un compromesso è utile, quando si deve raggiungere uno scopo comune ed ognuno è d’accordo a perdere qualcosa, pur di arrivare all’accordo.

In molti casi affinché si arrivi ad una soluzione di compromesso, è comunque necessaria la presenza di un mediatore esterno che permetta un pareggiamento delle rinunce, delle concessioni e delle conquiste reciproche. La presenza di un mediatore è sicuramente necessaria nelle situazioni in cui la relazione tra le parti si è ormai irrimediabilmente compromessa.

In molti casi cercare un compromesso si tratta di un ripiegamento sulle proprie aspettative che non risolve i problemi e che potrebbe lasciare insoddisfatte almeno una delle parti.

Ad ogni modo può considerarsi come un primo passo verso un rapporto di collaborazione.

 

3 – Propongo un rapporto di collaborazione

Proporre di instaurare un rapporto di collaborazione è uno stadio avanzato rispetto alla semplice richiesta di cercare un compromesso

Siamo nell’ambito della negoziazione integrativa o cooperativa – Logica Win Win, in cui i negoziatori non si siedono l’uno di fronte all’altro ma l’uno di fianco all’altro.

Lo scopo è quello di avere interesse sia per le proprie esigenze che per gli interessi dell’altro. Al centro del rapporto oltre alla ricerca del risultato soddisfacente per entrambi, rimane quello di preservare la relazione e i rapporti umani e personali.

Nel momento in cui la proposta di collaborazione viene accettata, entrambe le parti metteranno a disposizione, al fine di cercare una soluzione creativa, la loro capacità di ascolto, di riconoscimento dell’altro e di fiducia reciproca.

Alla fine, i risultati ottenuti saranno molto più duraturi perché profondamente discussi e condivisi.

Instaurare un rapporto di collaborazione non è una cosa facile. Ci vuole molto tempo e capacità di comunicazione. Ed è per questo che purtroppo non è sempre risulta semplice attuarlo.

 

4 – Cedo alle richieste

Si tratta di un atteggiamento completamente opposto a quello di imporsi.

Chi lo adotta crede che se farà così, potrà, anche se a scapito del risultato, salvaguardare la relazione.

Diverse possono essere i motivi alla base della decisione di rinunciare alle proprie richieste per assecondare quelle della controparte:

  • Voler ingraziarsi la controparte nella speranza di avere favori futuri
  • Consapevolezza di essere in debito e quindi è arrivato il momento di ricambiare. Attenzione in questi casi alla trappola della regola del contraccambio o di reciprocità,
  • Speranza che il concedere oggi possa essere reciprocato dalla controparte su altre questioni ben più importanti,
  • Timore che la trattativa si rompa. Questo è in particolare il caso di quando non si ha una valida Batna (Best Alternative To a Negotiated Agreement),
  • Volontà di chiudere velocemente il conflitto, senza compromettere la relazione, in quanto si ritiene che le questioni della contesa non siano così importanti.

 

5- Non decido

Si sospende ogni decisione circa le modalità con cui affrontare il conflitto. Decidere di non decidere è comunque una decisione. In questo caso si cercherà di:

  • Rimandare riunioni e appuntamenti a date da definirsi
  • Rendersi irreperibili
  • Chiedere di effettuare delle pause. In molti casi può essere una strategia al fine di prendere tempo, così da raccogliere informazioni e formulare valutazioni diverse.

Nell’immediato, non decidere è favorevole soprattutto per chi ha un buon “status quo”. Ed è una strategia valida soprattutto nei casi in cui si vuole indebolire la controparte, poiché sappiamo che soffre i problemi legati al tempo.

 

6- Lo evito

Si abbandonano le discussioni in quanto si presuppone che i costi stimati di un accordo supereranno i benefici derivati dall’accordo stesso.

Si ritiene che qualunque sia l’accordo, esso procurerà rendimenti inferiori allo “status quo”, in quanto le energie, l’impegno da investire nella relazione, saranno così onerosi da annullarne i guadagni.

Inoltre, non si ha fiducia sul fatto che, nonostante il tempo e le risorse spese, si riesca a trovare una buona soluzione condivisa.

Solitamente i casi in cui si evita il conflitto, sono due:

  • si è spaventati dal doverlo affrontare, perché non si sa come gestirlo. Si ha paura di esporsi e di avere ritorsioni. Purtroppo, adottare un atteggiamento del genere basato su tali premesse, non salvaguarda certamente chi lo mette in atto
  • si avverte che la situazione è troppo “accesa” e le persone sono troppo emotivamente coinvolte e arrabbiate. In questo caso più che evitare, si tratta di rimandare il conflitto ad un momento più opportuno.

Modo migliore per affrontare un conflitto

Purtroppo, non esiste un modo standard e/o corretto per affrontare un conflitto interpersonale.

È necessario essere consapevoli delle differenze dei diversi contesti che ci troveremo ad affrontare e nel saper comprendere e riconoscere quanto sia importante sapersi adattare alle circostanze e alle persone, al fine di combinare i nostri modi di approcciarsi agli altri in funzione dell’evolversi della situazione.

Di sicuro è buona regola quando si è in disaccordo con qualcuno o si vede calpestati i nostri diritti ed esigenze, di non trattenere il disagio. È necessario sempre farlo presente nel più breve tempo possibile e senza farci bloccare dalla paura di possibili discussioni.

Come abbiamo già detto in precedenza, riuscire a vivere i piccoli conflitti del quotidiano senza drammi e considerarli solo ed esclusivamente un problema che riguarda una situazione specifica, aiuta a evitarne di più grandi e dannosi.

Non dobbiamo trasportare in un conflitto la rabbia o le frustrazioni derivanti da situazioni pregresse e personali che non c’entrano nulla con l’oggetto del contenzioso.

Cerchiamo quindi di mantenere sempre un atteggiamento maturo. Non cerchiamo l’approvazione degli altri e non coinvolgiamoli inutilmente all’interno delle nostre discussioni.

Cerchiamo sempre di essere chiari ed evitiamo le incomprensioni, perché esse sono sempre dietro l’angolo e portano ad amplificare il conflitto sia per intensità che per durata, con conseguenze sgradevoli per tutti.

Un’incomprensione nasce da tutte quelle situazioni in cui vi è eccesso di vaghezza, ambiguità e poca chiarezza espositiva. Non permettiamo che l’incomprensione venga sfruttata ad arte per alimentare un conflitto dannoso per tutti.


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