Marco Tullio Cicerone
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Marco Tullio Cicerone

Vita ed opere di un grande politico

Marco Tullio Cicerone è stato un grande oratore, un abile avvocato, nonché capace un uomo di stato e filosofo.

In campo culturale ebbe il merito di rappresentare la massima espressione della fusione della cultura greca con quella latina, lasciando un’eredità indelebile.

Cicerone nasce ad Arpino, nell’attuale provincia di Frosinone, il 3 gennaio del 106 a.C. da una ricca famiglia di notabili, che permise a lui e al fratello Quinto di intraprendere a Roma gli studi di retorica e filosofia con i migliori maestri del tempo, in particolare:

  • Lucio Licino Crasso (140 – 91 a.C.);
  • Marco Antonio detto l’oratore (143 – 86 a.C.) nonno del futuro triumviro Marco Antonio (83 – 30 a.C.);
  • Quinto Muzio (o Mucio) Scevola, detto l’Augure. (159 – 88 a.C.).

Compagno dei suoi studi giovanili fu Tito Pomponio (chiamato poi “Attico” per i suoi lunghi soggiorni in Attica), che si rileverà essere un amico prezioso nel corso di tutta la sua vita.

Di grande rilevanza sono le “Epistole ad Attico” una serie di corrispondenze (lettere) scritte tra il 68 e il 44 a.C. che oltre a contenere riflessioni sull’attualità storica e sulla vita personale, danno l’impressione di vivere accanto a Cicerone l’atmosfera che si viveva a Roma in quei momenti.

Appena ventenne mise in luce i suoi interessi relativi all’arte della retorica scrivendo il De inventione (l’esatta data di quando fu scritto è incerto, ma si presume sia 85 a.C.).

Dello stesso periodo (anche qui la data è incerta, si presume tra il 90 e l’80 a.C.) è il trattato di retorica in latino Rethorica ad Herennium (un tempo attribuita a Cicerone):

Entrambi i testi ebbero grande diffusione nelle università del Medioevo e del Rinascimento.

 

L’inizio della carriera forense

Dopo aver prestato servizio militare nel’ 89 a.C. nella guerra sociale, iniziò la sua attività di giovane avvocato: era il primo passo per accostarsi alla vita pubblica, sia verso la carriera forense sia verso quella politica.

La sua prima causa documentata e dell’81 a.C. (Pro Quinctio), ma il suo nome divenne famoso l’anno successivo, quando osò difendere con decisione dalla gravissima accusa di parricidio un cittadino di Ameria, ponendosi contro un potente liberto di Lucio Cornelio Silla (Pro Sexto Roscio Amerino).

Dopo questo avvio brillante, uniformandosi a una prassi che si andava sempre più diffondendo tra i giovani romani, tra il 79 e il 77 a.C. effettuò un viaggio culturale in Grecia e in Asia Minore, per perfezionare gli studi ma anche per motivi di salute e, forse, di opportunità, visto che aveva osato provocare, andando contro il suo liberto, il dittatore Silla, che poi morì nel 78 a.C.

Ad Atene ritrovò l’amico Attico e studiò filosofia, mentre a Rodi seguì il fondamentale insegnamento del retore Apollonio Molone.

Rientrato a Roma nel 77 a.C. dopo la morte di Silla, sposò Terenzia, dalla quale ebbe due figli amatissimi (Tullia nel 76 e Marco nel 65 a.C.) e si preparò per affrontare una carriera politica che, nella sua fase ascendente, sarebbe stata rapida e brillante.

 

L’ascesa politica

Il primo passo della sua carriera politica fu la carica di questore in Sicilia, a Lilibeo (l’attuale Marsala), nel 76 a.C.

Terminato il mandato, poté accedere al senato.

La buona impressione che aveva lasciato in Sicilia fece sì che questi si rivolgessero a lui, nel 70 a.C. per accusare l’ex governatore Gaio Licinio Verre di malgoverno e concussione.

Il processo fece molto scalpore e si risolse in una fulminea e completa vittoria di Cicerone, nonostante l’avvocato della parte avversa, Quinto Ortensio Ortalo, poco più anziano fosse considerato un vero esperto.

La fama che gliene derivò fu enorme e la sua carriera procedette spedita.

Fu edile nel 69 a.C. e pretore nel 66 a.C., quando appoggio la concessione di poteri straordinari a Gneo Pompeo Magno per la guerra contro Mitriade, re del Ponto.

A questo punto della sua carriera politica, pur essendo di famiglia equestre e non gentilizia, tentò la candidatura al consolato per l’anno 63 a.C. con l’appoggio del fratello Quinto e dell’influente Attico.

 

Il consolato

Nella votazione del luglio 64 a.C. risultò vincitore, battendo anche il nobile Lucio Sergio Catilina (appoggiato da Giulio Cesare e dai populares).

Divenuto console a soli 43 anni, fu capace di proporsi come leader di una coalizione politica moderata e conservatrice, cui appartenevano gli optimates, cioè i senatori e i cavalieri che controllavano la vita politica ed economica di Roma e che dovevano, secondo lui, collaborare per mantenere la concordia tra gli ordini sociali all’interno della repubblica romana.

Durante l’anno del consolato attuò una politica conservatrice in difesa degli interessi delle classi (ottimates) che lo avevano condotto al potere e del mantenimento dello status quo.

 

La congiura di Catilina

Tuttavia, l’evento culminante del suo mandato fu nel 63 a.C., la scoperta e la repressione della congiura di Catilina, che, dopo aver perso nuovamente l’elezione al consolato per l’anno successivo, presentando un programma eversivo agli occhi della classe dirigente (cancellazione dei debiti e redistribuzione delle terre), aveva progettato un colpo di Stato appoggiato da uomini di varia estrazione, accomunati da un sentimento di profondo scontento politico.

Cicerone riuscì a sventare la congiura e si fece proclamare pater patrie così pare lo avesse invocato la folla, in una sorta di trionfo, nei giorni del pericolo scampato.

Famose sono le quattro orazioni composte da Cicerone, note come: Le Catilinarie, a ragione considerate come una delle più alte espressioni dell’oratoria Ciceroniana.

Marco_Tullio_Cicerone
In questo affresco del XIX secolo, è rappresentato il discorso di Cicerone contro Catilina davanti al Senato riunito in seduta straordinaria. Catilina viene lasciato solo tra i banchi dell’assemblea mentre Cicerone pronuncia la sua famosa invettiva contro di lui: “Fino a che punto abuserai, o Catilina, della nostra pazienza? Quanto a lungo questo tuo furore si prenderà gioco di noi? (…) Non ti avvedi che i tuoi piani sono svelati, non vedi che la tua congiura, conosciuta già da tutti, è tenuta sotto controllo (…) Se mi deciderò, o Catilina, ad ordinare ce tu sia arrestato o ucciso, redo veramente che tutti i buoni diranno che io ho tardato troppo a fare ciò che dovevo, piuttosto che accusarmi di crudeltà (…)

 

Anni difficili – I primi problemi ed il primo triumvirato

Nella sua attività politica, oltre che nelle orazioni e nelle opere retoriche, Cicerone era sempre stato difensore dell’oligarchia tradizionale. Certo di poter continuare a svolgere un ruolo politico di prestigio, dovete però ricredersi.

La formazione nel 60 a.C. di un accordo segreto, denominato “primo triumvirato” tra:

  • Gaio Giulio Cesare, di famiglia nobile, che si schierò con il partito dei popolari.
  • Gneo Pompeo Magno, che si era distinto nella lotta contro i pirati nel Mediterraneo e aveva ristabilito la pace in Asia, conquistando nuovi territori in Siria e Palestina tra il 66 e il 63 a.C.
  • Marco Licinio Crasso, che aveva stroncato la ribellione degli schiavi nell’Italia meridionale guidata da Spartaco tra il 73 e il 71 a.C.

Mise Cicerone fuori dalla scena politica, quando i tre triunviri gli chiesero di appoggiare in senato la legge agraria a favore dei veterani di Pompeo e della plebe meno abbiente. Cicerone rifiutò di fornire tale appoggio sia per non passare traditore dell’aristocrazia, sia per l’attaccamento all’ordine legale e sociale di cui gli ottimati si proclamavano difensori.

 

Lo scontro con Clodio e l’esilio

Sebbene fosse fuori dalla scena politica, i problemi per Cicerone arrivarono nel 58 a.C. quando fu eletto tribuno della plebe Clodio Pulcro, nobile esponente della gens Claudia, schierato però dalla parte dei populares e amico di Cesare.

Nemico giurato di Cicerone, per ragioni personali e politiche, Clodio, obbedendo alla volontà dei triunviri, in particolare quella di Cesare, fece approvare una legge, con valore retroattivo, che comminava l’esilio e la confisca dei beni a chi avesse condannato a morte un cittadino romano senza l’appello al popolo.

Il provvedimento era chiaramente rivolto verso Cicerone in quanto veniva con l’approvazione di tale legge accusato di aver fatto morire i partigiani di Catilina senza regolare processo.

Cicerone conobbe così il dolore e l’umiliazione dell’esilio, durato 16 mesi, prima a Tessalonica, poi a Durazzo a cui si aggiunse il fatto che la sua casa fu confiscata e rasa al suolo.

 

Il rientro a Roma

Il 4 agosto del 57 a.C., la sua parte politica riesce ad ottenere il suo rientro a Roma. Ciò avviene grazie all’aiuto diretto di Milone (tribuno della plebe, vicino agli optimates) e all’interessamento di Gneo Pompeo Magno.

Dovete però difendere a malincuore alcune cause di amici di Giulio Cesare e Marco Licinio Crasso, pagando così una sorta di tributo per il fatto che non si erano opposti al rientro.

Questa esperienza segnò profondamente l’animo di Cicerone, il quale decise di ritirarsi dalla vita politica attiva e di dedicarsi con maggiore passione alla stesura di opere di interesse retorico e politico-filosofico.

 

Composizione del De oratore

Nel 55 a.C. compose il De Oratore. Un’opera composta da tre libri, nel quale espone le tecniche e i principi dell’arte oratoria:

Tra tutte le opere retoriche di Cicerone, si tratta di quella più studiata ed analizzata per secoli, soprattutto a partire dal 1421 d.C. quando un testo completo del De oratore venne ritrovato nella cattedrale di Lodi, all’interno di un manoscritto contenente altre quattro opere retoriche (Il De inventioneil Brutus, l’Orator e la Rhetorica ad Herenniun (attribuita inizialmente a Cicerone).

 

Le opere politiche

Ispirandosi a quanto aveva fatto Platone, Cicerone scriverà due trattati sulla filosofa politica:

 

L’assassino di Clodio Pulcro e la difesa senza successo di Milone

Le vicende pubbliche subirono un’accelerazione che destabilizzò lo Stato ed escluse definitivamente Cicerone dai vertici, quando nel 53 a.C. morì Marco Licinio Crasso nella battaglia di Carre.

A quel punto Cesare e Pompeo iniziarono le prime schermaglie per il controllo del potere.

Fuori Roma, presso Bovillae, (l’attuale Frattocchie) in un clima di torbidi e disordini, venne ucciso Clodio (17 gennaio del 52 a.C.) in uno scontro con i partigiani di Milone, che fu accusato del delitto.

Cicerone ne assunse la difesa, ma la sua orazione, pronunciata in una situazione di estrema tensione e alla presenza di bande armate, si rivelò fiacca e fallimentare: Milone, venne condannato all’esilio.

 

Proconsole in Cicilia

Dal 51 al 50 a.C. Cicerone fu eletto proconsole in Cilicia.

Cicerone non avrebbe, in quel periodo, voluto allontanarsi da Roma. In quel momento i rapporti tra Pompeo e Cesare si stavano inasprendo e i suoi pensieri erano rivolti a come scongiurare una possibile guerra civile.

Ad ogni modo Cicerone in quella provincia lontana, però, si mosse con una certa competenza e ottenne anche un piccolo successo militare su alcune tribù della Cappadocia.

Rientrato a Roma e tentato invano di far riconciliare Cesare e Pompeo, esitò a lungo indeciso se parteggiare per Cesare o per Pompeo nella ormai imminente guerra civile.

Intanto, il 10 gennaio del 49 a.C., Cesare passò il Rubicone, dando così ufficialmente inizio alla guerra civile.

Mentre Cesare e le sue legioni attraversarono la penisola dirigendosi a Roma, Pompeo con molti dei senatori e le legioni che aveva in quel momento a disposizione fuggirono a sud verso Brindisi, per poi imbarcarsi verso la Grecia, dove intendeva riconciliarsi alle truppe romane li stanziate ed a lui fedeli.

Cicerone travolto dagli eventi, decise di raggiungere Pompeo.

Non fu presente, tuttavia, allo scontro decisivo tra i due generali (battaglia di Farsalo del 9 agosto del 48 a.C.), vinta da Cesare, perché si trovava a Durazzo, ammalato.

 

Le difficoltà politiche e familiari

Dopo la sconfitta di Pompeo, Cicerone tornò a Brindisi, dove si incontro con Cesare nel settembre del 47 a.C., ottenendo il perdono del vincitore, che lo tratta onorevolmente e non si risente della sua passata opposizione.

Politicamente fuori gioco, si ritirò allora nelle sue splendide ville (soprattutto in quelle di Formia e di Tuscolo, vicino all’odierna Frascati) e si occupò di studi retorici e filosofici.

Unici suoi interventi pubblici furono alcune orazioni pronunciate per ottenere da Cesare il perdono e il ritorno di alcuni suoi amici ed ex pompeiani.

Seguirono anni di difficoltà anche familiari: nel 46 a.C. divorziò da Terenzia e sposò la giovane Publilia, forse per motivi economici, ma queste nozze durarono poco.

Nel 45 a.C. morì di parto la figlia Tullia, alla quale era legatissimo: questo evento luttuoso: unito alla difficile situazione generale, lo gettò in uno stato di profonda prostrazione.

È proprio in questo periodo che fiorisce la produzione filosofica di Cicerone. Una sorta di consolazione personale e di estremo contributo culturale ad una Roma che egli vedeva in profonda crisi.

Ad aprile del 46 a.C. fu terminato: il Brutus, che tratta della storia dell’eloquenza romana.

Mentre: l’Orator, una sorta di riassunto del precedente, dove viene comunque delineata la figura dell’oratore ideale, fu composto tra luglio e ottobre del 46 a.C.

Nel 44 a.C. scrisse: Laelius de Amicitia, un trattato sull’amicizia e De officiis, un trattato filosofico, scritto sotto forma di lettera verso il figlio Marco. Quest’ultimo, strutturato su tre libri Cicerone espone il suo pensiero su quale sia il miglior modo di vivere, di comportarsi, sul senso del dovere e sulla moralità umana.

 

Assassinio di Cesare alle idi di Marzo

Il 15 marzo del 44 a.C. Cesare fu ucciso. Cicerone ritornò sulla scena politica nella speranza di contribuire a salvare le istituzioni repubblicane.

Nei mesi turbolenti che seguirono egli si avvicinò, sia pure tiepidamente, a Ottaviano, sperando di trovare in lui un difensore dello Stato, mentre attaccò apertamente Antonio, in cui vedeva il continuatore della politica dittatoriale di Cesare. Contro di lui scrisse le ultime memorabili orazioni, chiamate Filippiche (Philippicae).

 

L’inserimento del suo nome sulle liste di proscrizione

Il coraggio politico che lo aveva visto scagliarsi contro Marco Antonio (83 – 30 a.C.)  con l’orazione delle sue filippiche lo pagò con l’inserimento da parte dei triunviri (Antonio, Ottaviano e Lepido) sulle liste di proscrizione.

Anche Ottaviano, che si era servito di lui, lo abbandonò, e Cicerone venne raggiunto presso Formia dai sicari di Antonio il 7 dicembre del 43 a.C. Morì all’età di 63 anni.

Gli vennero tagliate le mani e la testa che furono esposte sui rostri, la stessa tribuna dove, da vivo, aveva tenuto le sue celebri orazioni.

Ma come si è arrivati a quel giorno? Se vuoi approfondire i motivi del perché il nome di Cicerone era sulle liste di prescrizione, ti consiglio assolutamente di leggere l’articolo presente su questo blog, dal titolo: Perché Cicerone fu ucciso?

 

Inoltre, se vuoi avere maggiori informazioni su Cicerone, leggi anche:

 


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