Sun Tzu
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Sun Tzu – L’Arte della Guerra

Un’insieme di regole di saggezza da applicarsi in qualunque situazione della nostra vita quotidiana

“Se non conosci le configurazioni delle paludi, dei passi più impervi, delle foreste e delle montagne, non sei in grado di far muovere l’armata. Se non conosci i piani degli altri signori feudali, non sei pronto a negoziare”  (Sun Tzu – L’arte della guerra).

Sun Tzu, era un generale e filosofo cinese, vissuto probabilmente, tra il VI – V secolo a.C., diventato famoso a noi occidentali perché si pensa abbia scritto: “L’arte della guerra” [1].

Si tratta del più antico trattato militare sulla guerra che si conosca. Il testo è suddiviso in tredici capitoli, ognuno dedicato ad un aspetto della guerra.

La prima versione del testo è apparsa in Occidente nel 1772 a Parigi, tradotta in francese, con il titolo: “L’art militaire des Chinois” dal missionario gesuita padre Josep-Marie Amiot (Tolone 1718 – Pechino 1793).

A parte Napoleone Bonaparte (1769 – 1821 d.C), di cui si dice che, non appena diventò adolescente, ne fu da subito fortemente influenzato, la prima versione del 1772 del gesuita Amiot, passò al grande pubblico, di quel periodo, quasi inosservata e destino non molto diverso ebbero le sue traduzioni in tedesco ed inglese dei primi del Novecento.

Estrapolato da Sun Tzu, è appunto uno dei principali motti di Napoleone: “Conosci il tuo nemico”, pertanto in base a tale impostazione più informazioni si possono raccogliere su di lui, sui suoi punti forti e su quelli deboli, più sarà facile prevederne le mosse, i meccanismi mentali, gli scatti emotivi.

Nel trattato di Sun tzu troviamo in particolare le seguenti affermazioni:

  • Conoscere l’altro e se stessi equivale a cento battaglie senza rischi;
  • Non conoscere l’altro, e conoscere se stessi  significa a volte, vittoria; a volte, sconfitta;
  • Non conoscere né l’altro né se stessi sta ad indicare che ogni battaglia è rischio certo.

Sun Tzu

L’opera cominciò ad avere un enorme successo in Occidente solamente a partire dal 1963 con la pubblicazione da parte dell’inglese Samuel B. Griffith di una nuova traduzione che proponeva nei commenti un accostamento tra la strategia di Sun Tzu e la gestione della guerra civile cinese da parte di Mao Zedong (1893 – 1976) contro il generale Chiang Kai-shek (1887 – 1975) durata tra fasi alterne dal 1927 al 1949.[2]

È quindi a partire dal 1963 che la popolarità degli insegnamenti esposti nel trattato di Sun Tzu, si sono parecchio espanse nella cultura occidentale, trovando utilizzo in diversi ambiti, oltre che militari, dallo sport al mondo del lavoro ed in particolare nell’ambito della conduzione delle strategie competitive manageriali, d’affari e di marketing di molte aziende.

Oggi applicare gli insegnamenti di Sun Tzu ci è utile non tanto per sconfiggere i nemici in battaglia, ma più che altro per aiutarci a gestire i conflitti interpersonali sia familiari che lavorativi a cui siamo normalmente sottoposti durante la gestione delle nostre negoziazioni.

Gli insegnamenti di Sun Tzu contenuti nel suo trattato l’arte della guerra vanno quindi intesi come regole di profonda saggezza da applicarsi in qualunque situazione della nostra vita quotidiana.

Sun Tzu

Pertanto animati dallo spirito di voler fornire elementi utili, all’argomento che stiamo trattando in questo blog, si riporta qui di seguito solo un piccolo assaggio delle teorie di Sun Tzu prese dai suoi 13 capitoli, ritenute pertinenti per la materia che stiamo sviluppando:

La strategia è l’affare più importante dello Stato, il terreno di vita o di morte, la via che conduce alla sopravvivenza o all’estinzione.

La strategia si fonda sull’astuzia. La migliore è quella che fa fallire i piani dell’avversario; quella immediatamente successiva, fa fallire le sue possibili alleanze; quella ancora successiva, mira a far fallire il suo modello strategico.

Si deve ricorrere ad attaccare l’avversario, solo quando non se ne può fare a meno, perché si corre il rischio di essere sconfitti nella misura in cui si offre al nemico l’opportunità di mettere in pratica i suoi modelli strategici. Sconfiggere il nemico senza combattere è la massima abilità.

In un’altra parte del trattato si trova la seguente frase: “Chi in cento battaglie riporta cento vittorie, non è il più abile in assoluto; al contrario, chi non dà nemmeno battaglia, e sottomette le truppe dell’avversario, è il più abile in assoluto”.

Se costretti a impegnarsi nel conflitto, si dovrà però agire nel più breve tempo possibile, senza logorare troppo le nostre forze. Diversamente, la rilevanza di un’eventuale vittoria verrebbe ridimensionata, a causa delle energie spese in battaglia.

È comunque da tener presente che gli avversari che devono essere combattuti e vinti in primo luogo, non siamo altro che noi stessi. Solo se si è in grado di vincere sé stessi, si sarà in grado di trionfare sugli altri. (A tal proposito leggi l’articolo presente in questo blog: “Quando l’ostacolo siamo noi“. Lo troverai sicuramente molto utile).

La condotta della guerra si basa sull’inganno. Pertanto, quando siamo in grado di attaccare, dobbiamo sembrare non esserlo; quando muoviamo le nostre truppe, dobbiamo sembrare inattivi; quando siamo vicini, dobbiamo fare in modo che il nemico ci creda molto lontani, e, quando siamo molto lontani, dobbiamo credergli che siamo vicini.

Sun Tzu raccomanda: Adescate il nemico con la prospettiva di un vantaggio. Fingete disordine e distruggetelo. Se è solido, preparatevi a combatterlo; se è forte, evitatelo. Attaccalo dove è impreparato; mostrati dove non se lo aspetta.

Le circostanze del combattimento sono soltanto due: dirette o di sorpresa, ma le variazioni di queste due tipi sono infinite. In linea di massima, l’attacco diretto mira al coinvolgimento; quello di sorpresa, alla vittoria.

Chi non può vincere in uno scontro diretto assume una posizione difensiva; chi invece sente di poter vincere, attacca. In queste circostanze, assumendo una posizione difensiva, la forza che in un attacco non sarebbe sufficiente sarà più che adeguata.

Non attaccare per dimostrare la tua forza, ma attacca solo quando la tua forza può essere applicata.

Per far sì che il nemico avanzi di sua spontanea volontà, fategli balenare qualche possibilità di poter trarre vantaggio dalla situazione. Per evitare che l’avversario si faccia avanti, fategli capire qual è il danno potenziale che ricaverebbe da tale manovra.

Sun Tzu

Se desideriamo impegnare in battaglia un nemico riluttante, attacchiamogli una postazione che sia costretto a riscattare. In tal modo non potrà astenersi dal combatterci.

Gli esperti nell’arte del combattere inducono gli altri a fare ciò che si desidera e non il contrario.

Ci si deve astenere da ogni comportamento estremizzante per acquisire un ottimale equilibrio delle forze.

La voglia di attaccare a ogni costo costituisce un comportamento estremizzante per eccesso; quella di difendersi senza mai dare battaglia è invece l’estremo per difetto. Lo stratega ideale adotta una via di mezzo, ricorrendo ad entrambi i comportamenti a seconda delle diverse occasioni.

È necessario affrontare un conflitto nelle migliori condizioni organizzative. L’utilizzo di nessuna risorsa dovrà essere trascurato. Per ottenere risultati certi si dovrà operare una selezione, assegnando i compiti specifici agli uomini idonei, investendoli delle responsabilità pertinenti, ma si tenga conto del fatto che essi possono deludere le nostre aspettative, soprattutto quando non ci siamo curati di porli in una situazione che saprebbero padroneggiare.

Non contare sul mancato arrivo del nemico, ma fai affidamento sulla capacità di affrontarlo; non contare sul mancato attacco del nemico, ma procurati di essere inattaccabile.

All’inizio mostratevi come una donnetta indifesa, cosicché il nemico vi apra una porta; in seguito, vigili e allerta, cosicché non riesca a porvi resistenza.

Non contrastare il nemico che si ritira verso casa. Lascia una via d’uscita a un esercito accerchiato. Non incalzare un nemico disperato, poiché la disperazione può produrre una forza inaspettata.

Gli esperti di tattica strategica non possiedono particolari inclinazioni, cognizioni o capacità; si limitano a evitare di commettere errori in battaglia.

 

A meno che non ci sia un vantaggio, non muovetevi. A meno che non ci sia un buon risultato non applicatevi. A meno che non siate in pericolo, non date battaglia.

Una frase analoga la si trova in un motto popolare di lingua latina: “Quieta non movere et mota quietare”, che può tradursi in: “Non agitare ciò che è calmo, ma calma piuttosto ciò che è agitato”.

 

Non fatevi ingannare dalle apparenze

  • Parole umili, nascondono un nemico che si prepara a dare battaglia;
  • Parole dure, mentre si muove con irruenza, tende a coprire la ritirata;
  • Ti chiede una tregua senza condizioni, è il nemico che sta elaborando un piano.

 

I cinque pericoli del combattente

  • Essere troppo pronto a morire;
  • Troppo preoccupato di vivere;
  • Troppo portato dall’ira;
  • Troppo attaccato all’onore;
  • Troppo emotivo.

 

Riuscirà ad essere vincente solo colui che:

  • Saprà quando dare battaglia e quando astenersene. A tal proposito lo storico e filosofo Nicolò Machiavelli (1469 – 1527 d.C) nella sua opera più famosa “Il Principe” scriverà: I buoni capitani non vengono mai a giornata se la necessità non gli strigne o la occasione non gli chiama;
  • Saprà impegnare la giusta quantità di uomini nel gestire le situazioni;
  • Riuscirà a indurre i suoi sottoposti a nutrire gli stessi obiettivi;
  • Affronterà il pericolo con l’adeguata preparazione;
  • Riuscirà a esercitare il comando senza subire interferenze dal sovrano”.

 

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[1]  Per la verità il suo titolo completo è Sun-tzu Ping-fa: “L’arte della guerra del maestro Sun”, ma la maggior parte dei traduttori lo rende con “l’arte della guerra”.

[2] Tale pubblicazione sottolineava inoltre come la lettura delle teorie di Sun Tzu avessero profondamente influito su Mao Zedong che le applicò in occasione della “lunga marcia” che alla fine lo portò a divenire il leader indiscusso del partito comunista cinese. Ricordiamo che la “lunga marcia” fu una gigantesca ritirata militare dell’Armata Rossa (solo in seguito chiamato Esercito di liberazione del popolo) effettuata nel 1934 per sfuggire all’accerchiamento delle truppe di Chiang Kai-shek. L’Armata di Mao impiegò 370 giorni per sfuggire all’accerchiamento percorrendo 12.000 km tra altopiani aridi e montagne prive di strade, il tutto combattendo per aprirsi la strada.


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