Il piccolo principe, unico abitante di un pianeta lontano, sta compiendo un lungo viaggio nell’universo, durante il quale scende anche sulla Terrà.
Sul suo pianeta ha lasciato una piccola rosa che lui considera unica al mondo, perché è davvero l’unica, poi invece scopre che sulla Terra ce ne sono migliaia, tutte uguali alla sua rosa. E rimane deluso. Deciso a trovare un amico, incontra una volpe che gli fa scoprire che la sua rosa è proprio speciale.
Attraverso questa favola moderna presa dal capitolo XXI del “Il piccolo principe”, Antoine de Saint Exupery, ci svela il segreto dell’amicizia. Un segreto che, come ci racconta nella storia che segue, gli uomini hanno da tempo dimenticato:
In quel momento apparve la volpe.
«Buon giorno», disse la volpe.
«Buon giorno», rispose gentilmente il piccolo principe, voltandosi: ma non vide nessuno.
«Sono qui», disse la voce, «sotto al melo…»
«Chi sei?» domandò il piccolo principe.
«Sei molto carino…»
«Sono una volpe», disse la volpe.
«Vieni a giocare con me», le propose il piccolo principe «sono così triste…»
«Non posso giocare con te», disse la volpe, «non sono addomesticata». «Ah! scusa», fece il piccolo principe.
Ma dopo un momento di riflessione soggiunse:
«Che cosa vuol dire “addomesticare”?» […]
«È una cosa da molto dimenticata. Vuol dire creare dei legami…»
«Creare dei legami?»
«Certo», disse la volpe. «Tu, fino ad ora per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo».
«Comincio a capire», disse il piccolo principe. […]
Ma la volpe ritornò alla sua idea: «La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio per ciò. Ma se tu mi addomestichi la mia vita, sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi faranno nascondere sottoterra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color d’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano…»
La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe:
«Per favore… addomesticami», disse.
«Volentieri», rispose il piccolo principe, «ma non ho molto tempo, però. Ho da scoprire degli amici e da conoscere molte cose».
«Non si conoscono che le cose che si addomesticano», disse la volpe.
«Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!»
«Che bisogna fare?» domandò il piccolo principe.
«Bisogna essere molto pazienti», rispose la volpe.
«In principio tu ti sederai un po’ lontano da me, così nell’erba. Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino…» […]
Così il piccolo principe addomesticò la volpe. E quando l’ora della partenza fu vicina:
«Ah!» disse la volpe, «…piangerò».
«La colpa è tua», disse il piccolo principe, «Io, non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi…»
«È vero”, disse la volpe.
«Ma piangerai!» disse il piccolo principe.
«È certo», disse la volpe.
«Ma allora che ci guadagni?»
«Ci guadagno», disse la volpe, «il colore del grano».
Poi soggiunse:
«Va a rivedere le rose. Capirai che la tua è unica al mondo. Quando ritornerai a dirmi addio, ti regalerò un segreto».
Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose.
«Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente», disse. «Nessuno vi ha addomesticato, e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto il mio amico ed ora è per me unica al mondo».
E le rose erano a disagio.
«Voi siete belle, ma siete vuote», disse ancora. «Non si può morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perché è lei che ho innaffiata. Perché è lei che ho messo sotto la campana di vetro. Perché è lei che ho riparata col paravento. Perché su di lei ho uccisi i bruchi (salvo i due o tre per le farfalle). Perché è lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa»
E ritornò dalla volpe.
«Addio», disse.
«Addio», disse la volpe. «Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi». […]
«Gli uomini hanno dimenticato questa verità» disse la volpe.
«Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…»
«Io sono responsabile della mia rosa…» ripeté il piccolo principe per ricordarselo.