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Anna Frank – La carta è più paziente degli uomini

Dal Diario di Anna Frank, sabato 20 giugno 1942

Anna Frank nacque il 12 giugno del 1929 a Francoforte, in Germania, da genitori ebrei.

Aveva solo quattro anni quando la sua famiglia, per sfuggire alle persecuzioni razziali, si trasferì ad Amsterdam, in Olanda, dove Anna visse serenamente fino agli undici anni.

Poi nel 1940 la Germania nazista, dopo aver invaso la Danimarca, la Norvegia, il Lussemburgo ed il Belgio, invase anche l’Olanda e anche qui iniziarono le discriminazioni  nei confronti  degli ebrei.

Questi non potevano uscire di casa quando era buio, né salire sui mezzi pubblici, né fare acquisti nei negozi, se non in certe ore, né entrare in case che non fossero proprietà di ebrei; inoltre non potevano guidare auto, né andare in tram ed inoltre dovevano sempre farsi riconoscere con la stella gialla applicata sugli abiti, la stella di David.

Il papà di Anna capendo che la situazione da lì a poco sarebbe peggiorata, inizia prima a pensare di fuggire all’estero, purtroppo senza successo, poi a nascondersi con tutta la famiglia in un piccolo alloggio segreto, ad Amsterdam, situato sopra gli uffici della sua azienda.

Anna, sua sorella Margot, insieme al papà e alla mamma vi si trasferiranno il 6 luglio 1942 insieme ai coniugi Van Daan e al loro figlio Peter. Più avanti si aggiungerà anche il dentista Albert Dussel.

Nel giorno del suo tredicesimo compleanno, il 12 giugno 1942, Anna incomincia a scrivere il suo Diario su un quaderno che ha avuto in regalo proprio quel giorno.

Le prime parole che scriverà quel giorno sono: “Spero di poterti confidare tutto, come non ho mai fatto con nessuno, e spero che sarai per me un grande sostegno”.

Quello che ora segue è tratto (con adatt.) dal Diario di Anne Frank. In particolare, dalle pagine del 20 giugno 1942.

In questo racconto Anna presenta se stessa al suo diario che identifica come se fosse un’amica vera, che chiama “Kitty”.

Inoltre, fa un piccolo riassunto della sua vita e della situazione che in quel momento non è ancora eccessivamente critica, ma che di lì a poco, con l’inizio della clandestinità sua e della sua famiglia per sfuggire alle deportazioni nei campi di concentramento, lo sarebbe diventata.

Questo brano è molto importante soprattutto se un giorno vorrai approfondire la lettura completa del Diario di Anna.

 

Dal Diario di Anna Frank: Sabato 20 giugno 1942

Cara Kitty,

Per una come me scrivere un diario è una sensazione davvero strana. Non solo perché non ho mai scritto, ma anche perché ho l’impressione che in futuro a nessuno e nemmeno a me potranno interessare le confidenze di una tredicenne.

Mah, in fondo, non importa. Ho tanta voglia di scrivere e, soprattutto, di sfogarmi una volta tanto su tanto cose diverse.

La carta è più paziente degli uomini“.

Questa frase mi è tornata in mente un giorno in cui mi sentivo un po’ malinconica e me ne stavo con la testa appoggiata tra le mani e pensavo se uscire all’aperto oppure no.

Alla fine, sono rimasta dov’ero e ho continuato a pensare.

È vero, la carta è paziente e siccome non ho affatto l’intenzione di far leggere a nessuno questo quaderno che porta il nome importante di “diario”, sempre che in futuro non incontri un amico davvero degno di questo nome, penso che probabilmente queste righe non importino a nessuno.

Ed eccomi arrivata al vero motivo per cui mi è venuta l’idea di tenere un diario: io non ho una vera amica.

Poiché nessuno crederà che una ragazzina di tredici anni possa essere sola al mondo, devo spiegarmi meglio ed essere più precisa.

Infatti, non è vero. Ho dei bravi genitori e una sorella di sedici anni. Avrò in tutto una trentina di conoscenti, quelle che normalmente si chiamano amiche. Ho moltissimi ammiratori che mi ronzano attorno e, se non riescono a fare nulla di meglio, in classe mi guardano con un pezzo di specchio. Ho molti parenti, zie simpatiche e una bella casa. Infatti, così a prima vista, sembra che non mi manchi proprio niente, a parte un’amica del cuore.

Con tutte le ragazzine che conosco non posso che divertirmi; facciamo discorsi banali e non si parla mai di questioni più intime, ed è proprio qui il problema. Forse sono io a non fidarmi, però il problema esiste ed è triste non poterlo eliminare. Ed ecco il motivo del diario.

Per poter immaginare meglio l’amica che tanto desidero non scriverò nel diario come farebbero tutti gli altri ma voglio che il diario diventi la mia amica, un’amica che si chiama Kitty.

Dato che, se non mi presento, nessuno capirà un accidente di quello che racconto a Kitty, devo fare un piccolo riassunto della mia vita, anche se un po’ mi secca.

Mio padre, che è davvero un bravo padre, si sposò a trentasei anni con mia madre che ne aveva venticinque. Mia sorella Margot è nata nel 1926 a Francoforte sul Meno, in Germania. Il 12 giugno 1929 sono nata io.

Fino ai quattro anni ho abitato a Francoforte. Siccome siamo ebrei puri nel 1933 mio padre è andato in Olanda. È stato nominato direttore di una fabbrica che produceva marmellate. Mia madre, Edith , l’ha seguito in Olanda in settembre mentre io e Margot ci trovavamo ad Aquisgrana dalla nonna Rosa.

Margot è andata in Olanda in dicembre e poi io in febbraio. Mi hanno piazzato sul tavolo come fossi un regalo per il suo compleanno.

Quasi subito sono stata mandata all’asilo della scuola Montessori. Ci sono rimasta fino ai 6 anni, poi sono andata nella prima.

Ho cambiato molti maestri e maestre e, in sesta, sono capitata nella classe con la signora Kuperus, la direttrice. Alla fine dell’anno però ho dovuto salutarla e abbiamo pianto entrambe perché mi avevano accettato al liceo ebraico, che frequentava anche Margot. (Anna ha dovuto cambiare scuola in quanto le imposizioni naziste, prevedevano in quel momento che gli ebrei frequentassero esclusivamente scuole per soli ebrei).

Eravamo sempre in ansia per i parenti rimasti in Germania che non furono risparmiati dalle leggi antisemite di Hitler. Nel 1938, dopo i progrom, i miei due zii, i fratelli di mia madre, sono fuggiti in Nordamerica dove sono arrivati sani e salvi.

Nel maggio del 1940 i bei tempi cessarono: in principio ci fu la guerra, poi la capitolazione, quindi l’invasione tedesca e l’inizio delle sofferenze di noi ebrei.

Le leggi antisemite non finivano mai e la nostra libertà è stata molto limitata.

  • gli ebrei devono portare la stella giudaica;
  • gli ebrei devono consegnare le biciclette;
  • gli ebrei non possono prendere il tram;
  • gli ebrei non possono andare in auto, nemmeno se è di loro proprietà;
  • gli ebrei non possono fare acquisti dalle 15 alle 17;
  • gli ebrei possono andare solo dai parrucchieri ebrei;
  • gli ebrei non possono trovarsi per strada dalle 20 alle 6 di mattina;
  • gli ebrei non possono andare a teatro o al cinema o in altri luoghi di svago;
  • gli ebrei non possono frequentare la piscina, i campi da tennis e da hockey e quelli di tutti gli altri sport;
  • gli ebrei non possono andare in barca;
  • gli ebrei non posso praticare alcuno sport all’aperto;
  • gli ebrei non possono trattenersi nel proprio giardino e nemmeno in quello di conoscenti passate le otto di sera;
  • gli ebrei non possono andare a casa dei cristiani;
  • gli ebrei possono frequentare esclusivamente le scuole ebraiche o altre simili.

Così vivevamo senza poter fare questo o quello. Jacque (si tratta di una compagna di scuola) mi dice sempre: “Non oso più fare nulla perché temo che sia stato proibito“.

Noi quattro (Anna si riferisce alla sua famiglia) tiriamo avanti.

E così sono arrivata alla data di oggi: qui inauguro solennemente il mio diario, il 20 giugno 1942.

Tratto (con adatt.) da Anne Frank, Diario, Crescere Edizioni, 2021

 

Per sapere di più sulla situazione in cui si trova Anna, leggi anche su questo blog:

 

Se sei anche interessato alla morale, ovvero l’insegnamento che puoi trarre dai racconti e dalle favole, vai alla categoria: Racconti e favole formative. Ne troverai moltissime.

 


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