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Zeus – Giove: padre degli dei

La massima divinità tra gli dei nella mitologia greco-romana

Zeus che prenderà il nome di Giove per i Romani, è la massima divinità dell’Olimpo greco.

Era ritenuto il padre degli dei e degli uomini, non nel senso che ne era il creatore, ma il supremo governante a cui tutti devono obbedienza.

Ogni cosa, sia essa buona o cattiva, proviene da Zeus. In base alla sua volontà il bene e il male sono ripartiti e distribuiti tra gli uomini. Secondo la tradizione, anche il fato è sottoposto al suo volere.

Signore del Cielo e della Terra insieme ai suoi fratelli dei, con la sua saggezza amministrava la legge e l’ordine sia sugli dei dell’Olimpo sia sugli uomini sulla terra.

Inoltre, è il protettore della famiglia, delle istituzioni, della lealtà dei patti e dell’ospitalità.

Comanda i tuoni e i fulmini e, quando scuote il suo scudo, dà origine a grandi tempeste. In molti passi omerici è chiamato “il saettatore o il tonante”.

Il suo nome significa “cielo”, in particolare “cielo luminoso, splendente, sereno”. La maggior parte degli antichi culti in suo onore dimostra infatti che egli era venerato anche come un dio atmosferico.

Secondo la tradizione che risale ad Omero, Zeus abitava, insieme agli altri dei, sul monte Olimpo, la montagna più alta della Grecia, situata tra la Tessaglia e la Macedonia, 2917 metri di altezza, la cui vetta si diceva penetrasse direttamente nel cielo.

 

Nascita di Zeus

Crono che i Romani chiamavano Saturno, figlio di Urano (il cielo) e di Gea (la terra) e Rea, antichissima divinità femminile greca generarono quelle che saranno le principali divinità dell’Olimpo.

Crono aveva spodestato suo padre Urano dal dominio del mondo e per salvarsi dal destino che gli era stato annunciato, cioè che a sua volta uno dei suoi figli lo avrebbe spodestato dal trono, inghiottiva i figli appena essi erano nati.

E così avvenne per:

  • Estia (Vesta per i Romani);
  • Demetra (Cerere per i Romani);
  • Era (Giunone per i Romani);
  • Ade (Plutone per i Romani);
  • Poseidone (Nettuno per i Romani).

Rea quando dovette dare alla luce Zeus, si rivolse ad Urano e Gea, pregandoli di aiutarla a salvare la vita del bambino.

Urano e Gea trasferirono perciò Rea, nell’isola di Creta, invitandola ad allevare di nascosto il bambino in quella località.

La tradizione non è concorde sul luogo in cui Zeus trascorse l’infanzia: diverse località si contesero l’onore di averlo ospitato sulle proprie montagne o all’interno di caverne naturali.

Prevale comunque la tradizione che ne colloca l’infanzia sul monte Ida, la montagna più alta dell’isola di Creta. Sempre secondo la tradizione Zeus verrà allattato dalla capra Amaltea, molto probabilmente una ninfa e protetto dai Cureti, delle strane divinità, un misto tra i folletti e gli spiriti della natura.

La tradizione racconta che per coprire i vagiti del neonato, i Cureti sbattessero le spade sugli scudi di bronzo, creando così un frastuono che non facesse capire a Crono la presenza del neonato.

 

La guerra di Zeus per la conquista del potere

Appena Zeus nacque, Rea trasse in inganno Crono, dandogli da inghiottire una grossa pietra avvolta in un panno, che il padre inghiottì, nella convinzione di essersi liberato del bambino.

Zeus, una volta cresciuto, fa bere a Crono una droga che lo fa vomitare.

Per prima cosa vomita la pietra che era stata fatta passare per Zeus, poi sputa fuori uno dopo l’altro secondo un ordine inverso rispetto a quello di nascita, tutti gli altri dei, sorelle e fratelli di Zeus. Trattandosi di divinità immortali, sono tutti vivi.

La pietra, secondo la leggenda, verrà posta successivamente dallo stesso Zeus a Delfi, dove divenne oggetto di venerazione.

Il passo successivo di Zeus ed i suoi fratelli fu quello di liberare dalle loro catene anche i Ciclopi, giganti con un solo occhio sulla fronte che erano stati imprigionati dallo stesso Crono.

Essi in segno di riconoscenza donarono:

  • a Zeus il fulmine;
  • a Poseidone il tridente;
  • ad Ade l’elmo che rende invisibili.

Dietro suggerimento di Gea, Zeus liberò anche gli Ecatonchiri, Giganti dalle cinquanta teste e cento braccia: Briareo, Cotto e Gia, già imprigionati nel Tartaro, la parte più oscura degli inferi, da Urano, che potevano essergli d’aiuto nella lotta contro i Titani.

Zeus, aiutato dai suoi fratelli e sorelle, dai Ciclopi e dagli Ecatonchiri, iniziò una guerra decennale contro Crono e i Titani, suoi complici nel togliere il regno ad Urano, sconfiggendoli.

Crono verrà esiliato per sempre mentre i Titani saranno reclusi nel Tartaro, dove da quel momento rimasero segregati sotto la sorveglianza degli Ecatonchiri.

Atlante, uno dei Titani,, verrà condannato a reggere in eterno la volta del cielo.

Dopo la battaglia contro Crono, Zeus e i suoi fratelli divisero per settori il governo del mondo:

  • Poseidone ottenne le acque;
  • Ade il mondo dei morti;
  • Zeus il cielo e l’aria.

La terra invece rimase equamente sottoposta a tutti e tre gli dei contemporaneamente, in base alle loro capacità.

 

Crono (Saturno) e i Saturnalia

Per quanto Crono, il padre di Zeus, fosse feroce, sia il suo tempo che quello dei Titani è ricordato come l’età dell’oro dell’umanità. Un periodo in cui a detta delle leggende, il cibo e le bevande abbondano, in cui non si doveva lavorare in quanto dalla terra cresceva ogni genere di pianta che forniva cibo in abbondanza.

Inoltre era sempre primavera e di conseguenza non era né troppo caldo né troppo freddo. Non c’erano guerre e di conseguenza la morte arrivava, quando si diventava vecchi, nel sonno dolcemente.

Più tardi i Romani identificarono Crono con una delle loro divinità indigena, cioè Saturno e le feste a lui dedicate: i Saturnalia, che si svolgevano dal 17 al 23 dicembre.

I Saturnalia avevano inizio con grandi banchetti e sacrifici ed era consuetudine scambiarsi piccoli doni simbolici, chiamati strenne.

In quei giorni le regole non valevano più, tutti erano liberi di fare temporaneamente ciò che volevano, anche gli schiavi.

Ci si metteva una maschera e si cambiava identità. Durante i Saturnalia ogni scherzo era concesso.

I Saturnalia possono essere considerati l’antenato del nostro Carnevale.

 

Diffusione del culto di Zeus

Zeus era venerato in tutti i principali centri greci.

I principali santuari e templi a lui dedicati si trovano ad Agrigento a Selinunte, ad Olimpia, a Labraunda, a Dodona sulle montagne della Grecia centrale, ad Atene, Tebe, Creta ecc.

Ad Agrigento, il tempio di Zeus olimpio fu costruito dai greci di Sicilia per ringraziare il dio, dopo la vittoria sui Cartaginesi, dopo la battaglia di Imera nel 480 a.C.

Del tempio di Zeus ad Olimpia, ci è arrivata una descrizione dello scrittore greco Pausania (II secolo a.C.) con la quale descrive la statua di Zeus a Olimpia, scolpita da Fidia.

Ecco la sua descrizione: “Il trono è ricoperto di oro, pietre preziose e avorio, Zeus ha sulla testa una corona che imita i rami d’ulivo, nella mano destra una vittoria anch’essa d’oro e d’avorio, nella mano sinistra ha uno scettro sormontato da un’aquila, ha sandali d’oro e anche il mantello è d’oro decorato con figure di animali e fiori di giglio” (Pausania, Elide, V, 11). La statua di Zeus venne considerata come una delle sette meraviglie del mondo antico.

 

Zeus e le Olimpiadi

Nella citta di Olimpia ogni quattro anni si celebrano i giochi in onore di Zeus.

Le gare atletiche si svolgevano verso la fine di agosto. In quei giorni le città-stato greche a Olimpia si riconoscono come appartenenti ad un’identità comune e si ripongono le armi.

Durante il periodo dei giochi viene imposta la tregua olimpica. Non si combattono guerre, le condanne a morte sono vietate e anche le cause legali sono bandite.

I primi giochi olimpici vennero celebrati a Olimpia nel 776 a.C. Tale anno rappresenta l’anno zero. Il momento in cui i Greci iniziano a registrare il passare del tempo e della storia. In pratica, quello che oggi noi identifichiamo con la nascita di Gesù Cristo.

I giochi olimpici si svolgeranno fino al 393 d.C. Avvenne infatti che con l’affermarsi del Cristianesimo, i giochi olimpici vennero sempre più associati ad una festa pagana.

Questo fatto si accentuò nel 380 a.C. quando l’imperatore Teodosio dichiarò il cristianesimo religione di Stato, cioè l’unica religione accettata nell’impero. Un po’ alla volta tutti i riti pagani verranno aboliti. Ciò accadrà anche alle Olimpiadi che erano nate in onore di Zeus.

Il 380 a.C. sancisce la fine delle religioni politeiste e di conseguenza della mitologia greco romana. Coloro che rifiutavano di convertirsi alla nuova religione, restando legati ai riti politeisti furono chiamati pagani e furono perseguitati. Molti dei templi e oggetti di culto della mitologia greco-romana, da tale data in poi saranno, abbandonati, distrutti o riconvertiti in chiese cristiane.

Riguardo ai giochi Olimpici, per riaverli, dovremmo aspettare il 1896.

 

Gli amori e i figli di Zeus

Zeus ebbe innumerevoli amori con dee e donne mortali, alle quali egli si presentò sotto le forme più varie e con le quali generò un gran numero di eroi.

A causa di questi amori Zeus entrò spesso in contrasto con Era, la sua terza e ultima moglie, sempre molto gelosa di lui.

L’elenco degli amori e dei figli di Zeus fu ordinato dagli antichi con l’intento di dare una collocazione precisa. Eccone i principali:

 

Le mogli, ed i figli di Zeus

  • Metide, la prima moglie che gli darà la figlia Atena;
  • Temi, la seconda moglie, con cui genererà: Astrea, Nemesi, le Ore e le Moire;
  • Era, la terza moglie con cui concepirà: Ares (Marte per i romani), Efesto, Ebe, Eris ed Ilizia

 

Le amanti, ed i figli di Zeus

  • Afrodite, con cui genererà Priapo (per alcuni però non sarebbe figlio di Zeus, ma di Dioniso);
  • Alcmena, con cui avrà Eracle;
  • Antiope, con cui genererà Anfione e Zeto;
  • Callisto, con cui avrà Arcade;
  • Carma, con cui avrà Britomarti;
  • Cassiopea, con cui genererà Atimmio;
  • Danae, con cui avrà Perseo;
  • Demetra, con cui genererà Persefone;
  • Dia, con cui avrà Piritoo;
  • Dione, con cui avrà Afrodite;
  • Egina, con cui genererà Eaco;
  • Elare, con cui avrà Tizio;
  • Elettra (pleiade), con cui genererà Dardano, Iasione e Armonia;
  • Eurimedusa, con cui avrà Mirmidone;
  • Eurinome, con cui genererà le Cariti (Aglaia, Eufrisine e Talia) e Asopo;
  • Euriodia, con cui avrà Arcisio (il nonno di Ulisse);
  • Europa, con cui genererà Minosse (il futuro re di Creta), Radamanto, Sarpedone e Camo;
  • Gea, con cui avrà Mane;
  • Hybris, con cui genererà Pan;
  • Io, con cui avrà Epafo e Ceroessa;
  • Iodama, con cui genererà Tebe;
  • Lama, con cui avrà Sibilla;
  • Laodamia, con cui genererà Sarpedone;
  • Latona, con cui avrà Apollo e Artemide;
  • Leda (la regina di Sparta), con cui genererà Elena (meglio conosciuta come Elena di Troia o di Sparta), Clitennestra e i Dioscuri (ovvero Castore e Polluce);
  • Leucotea, con cui avrà Pattolo;
  • Maia, con cui genererà Ermes;
  • Mera, con cui avrà Locro;
  • Mnemosine, con cui genererà Le Muse (sono nove, come le notti d’amore in cui furono concepite: Clio, Euterpe, Talia, Melpomene, Tersicore, Erato, Polimnia, Urania e Calliope);
  • Nemesi, una volta posseduta da Zeus genererà un uovo che consegnerà a Leda e da cui usciranno Elena e i Dioscuri;
  • Niobe, con cui avrà Argo e Pelasgo;
  • Otreide, con cui genererà Meliteo;
  • Persefone, con cui avrà Zagreo;
  • Protogenia con cui genererà Etlio ed Opo;
  • Semele, con cui avrà Dionisio;
  • Taigeta con cui genererà Lacedemone;
  • Thya, con cui avrà Magnete e Macedone.

  

I dodici dei dell’Olimpo

Anche l’elenco dei dodici dei dell’Olimpo fu ordinato dagli antichi con l’intento di dare una collocazione precisa e una sicura genealogia, che dovevano essere tutti legati alla stirpe di Zeus. Eccoli:

  1. Zeus stesso, sovrano e superiore a tutti gli altri (Giove per i romani);
  2. Era (Giunone per i Romani);
  3. Atena (Minerva per i Romani);
  4. Apollo;
  5. Artemide (Diana per i Romani);
  6. Afrodite (Venere per i Romani)
  7. Dionisio (Bacco per i Romani);
  8. Ares (Marte per i Romani);
  9. Poseidone (Nettuno per i Romani);
  10. Ermes (Mercurio per i Romani);
  11. Efesto (Vulcano per i Romani);
  12. Ade (Plutone per i Romani).

Questi dodici dei, rappresentano l’Olimpo Classico.

Essi verranno assimilati dai Latini, che ne erediteranno le figure e le prerogative agganciandoli alle proprie tradizioni locali e procedendo alla loro ridenominazione, rimasta poi in uso fino all’avvento del Cristianesimo.

 

Giove nella mitologia romana

Nella religione romana Zeus assumerà il nome di Giove (Iupiter o Iuppiter, in latino) e fu considerato padre, signore del cielo e massimo protettore della città di Roma.

Il suo tempio si trovava al Campidoglio, da cui il suo attributo di “Giove Capitolino”. Era venerato dai consoli quando entravano in carica.

Anche i generali vittoriosi che celebravano a Roma il trionfo non mancavano di completare la loro gloriosa processione al tempio del dio Giove sul Campidoglio.

Sotto la sua protezione erano poste non solo le più importanti attività politiche della città, ma tutte le principali ricorrenze pubbliche e celebrazioni romane, dai giochi nel circo alle grandi Feriae Latinae.

Come avveniva con Zeus per i Greci, anche per i Romani Giove determinava il corso di tutte le vicende umane, i cui risultati rispecchiavano il suo volere.

Egli prevedeva il futuro e lo rivelava ai mortali attraverso segni naturali nel cielo attraverso il volo degli uccelli, considerati pertanto messaggeri del dio.

Qualsiasi attività dovessero incominciare, i Romani invocavano Giove che insieme con Giano, era il protettore di tutte le imprese.

Le prerogative di Giove si orientarono pian piano, nel mondo romano, in direzione della legge, della giustizia e della virtù, di cui egli era il tutore e supremo garante. Per questa ragione sul campidoglio gli era accanto la Fides, mentre i traditori della pace e i colpevoli di spergiuro venivano scaraventati giù dalla rupe Tarpea.

In quanto dio del cielo, e di conseguenza della luce, il colore sacro a Giove era il bianco.

Bianchi inoltre dovevano essere gli animali che gli venivano sacrificati, bianchi i quattro cavalli che tiravano il suo crocchio, bianchi gli abiti dei sacerdoti preposti al suo culto, bianchi anche gli abiti dei consoli il giorno in cui, assumevano la loro carica, salivano al Campidoglio per il sacrificio al re degli dei.

La venerazione e il culto di Giove a Roma erano affidati alle cure del Flamen Dialis, che era il più alto di grado nella gerarchia dei sacerdoti romani.

 

Diffusione del culto di Giove

Il culto di Giove venne introdotto dai re etruschi, che poco prima della loro caduta, avvenuta nel 509 a.C. con la cacciata dell’ultimo re etrusco Tarquinio il Superbo. Vedi per maggiori informazioni l’articolo su questo blog: Origini di Roma.

Giove era venerato in tutti i principali centri occupati nel corso del tempo dai Romani.

I sacrifici che gli venivano offerti consistevano principalmente in capre, tori e vacche.

Nel mondo latino i tempi più noti di Giove, di cui rimangono tracce sono a Terracina, a Roma sul Campidoglio, a Baalbek (in Libano), a Dougga (in Tunisia), ad Aizanoi (in Turchia), a Hòssn Suleiman (in Siria), a Cirene (in Libia).

Tra le principali feste religiose che venivano celebrate in suo onore nel mondo romano si possono ricordare:

  • le Vinalia urbana o priora (23 aprile) in onore del raccolto d’uva dell’anno precedente;
  • le Feriae Latinae si celebravano annualmente in primavera (non avevano una data specifica) sul Monte Albano (conosciuto meglio come Monte Cavo) in onore di Giove Laziale;
  • le Poplifugia (5 luglio) di cui non si conosce con esattezza il significato;
  • le Vinalia rustica (19 agosto), con offerta di un agnello a Giove della prima uva della stagione;
  • i Ludi Romani o Ludi Magni (tra il 4 e il 19 settembre);
  • le Medritinalia (11 ottobre), era la festa del vino nell’antica Roma;
  • i Ludi Capitolini (15 ottobre) istituiti per celebrare la reazione del popolo romano contro l’invasione dei Galli avvenuta nel 389 a.C.;
  • i Ludi plebei (tra il 4 e il 17 novembre) ai quali erano connessi gli Epula lovis, tenuta il 13 novembre.

 

Caratteristiche di Zeus – Giove

È quasi sempre rappresentato come una figura solenne e maestosa, con sguardo imponente e severo.

Talvolta seduto sul trono o in piedi nell’atto di scagliare il fulmine.

Ha una barba folta e chioma abbondante, spesso ornata con una corona di foglie di quercia (albero a lui sacro).

Accanto a lui vengono di solito rappresentati: l’Egidia (lo scudo), lo scettro (simbolo del potere), il tuono, il fulmine. Mentre i simboli di Zeus – Giove, sono: l’aquila, il toro, la folgore e la quercia.

 


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