L’effetto alone è un bias, una distorsione cognitiva, che consiste nel giudicare le caratteristiche di una persona o di un gruppo, basandosi solamente su un solo tratto distintivo di esse.
Un esempio è quello di giudicare intelligente o simpatico, un individuo di bell’aspetto la prima volta che lo si vede o al contrario giudicare noioso e poco simpatico una persona di brutto aspetto.
Appartenere ad una certa etnia o nazionalità, avere un certo orientamento sessuale, sono altri esempi che possono essere presi come riferimento per giudicare le caratteristiche generali di una persona, partendo da quel singolo tratto.
Le prime ricerche sull’effetto alone degli anni Venti
Il termine è stato coniato dallo psicologo statunitense Edward Lee Thorndike (1874 – 1949) con la pubblicazione nel 1920 dei risultati di uno studio dal titolo: The Constant Error in Psychological Ratings (L’errore costante in valutazioni psicologiche).
Tale studio coinvolse alcuni ufficiali comandanti a cui veniva chiesto di valutare i loro soldati in termini di: qualità fisiche (pulizia, voce, fisico, condotta ed energia), intelletto, capacità di leadership e qualità personali tra cui affidabilità, lealtà, responsabilità, altruismo, e cooperazione.
L’obiettivo dello studio era quello di vedere come le valutazioni di una certa caratteristica influenzassero le altre.
In effetti i risultati di tale studio determinarono che la valutazione, dovuta al fatto che i comandanti non conoscevano personalmente i sottoposti da giudicare, fu basata in particolar modo sulla percezione di alcune caratteristiche che determinarono il risultato della valutazione globale.
Gli studi a partire dagli anni Settanta
Sono stati però gli studi successivi svolti a partire dagli anni Settanta da numerosi psicologi a sancire definitivamente il fatto che la mente umana tende molto più ad attribuire tutta una serie di caratteristiche positive a persone di bell’aspetto, senza aver verificato se le possiedano o meno.
In particolare: What is beautiful is good[1] (Ciò che è bello è buono) è il nome di uno studio che riguardò un esperimento effettuato nel 1972, presso l’Università del Minnesota da Karen Dion, Ellen Berscheid ed Elaine Walster.
L’esperimento relativo al rapporto tra attrazione ed effetto alone coinvolse settanta studenti, metà maschi e metà femmine, iscritti ad un corso introduttivo di psicologia.
L’esperimento: What is beautiful is good
A ciascun studente furono consegnate tre foto diverse da esaminare. Una foto di una persona fisicamente attraente, un’altra di una persona mediamente attraente e la terza foto di una persona fisicamente poco attraente.
Agli studenti fu chiesto di giudicare i soggetti di ogni foto, scegliendo tra 27 tratti di personalità diverse tra cui l’altruismo, la convenzionalità, l’affermazione di sé, la stabilità, l’emotività, l’affidabilità, l’estroversione, la gentilezza, e la promiscuità sessuale. Agli studenti venne anche richiesto di stimare la felicità generale dei soggetti di ogni foto e come si sentirebbero per il resto della loro vita, compresa la felicità coniugale (chi avesse meno probabilità di divorziare), la felicità dei genitori (più probabilità di essere un buon genitore), la felicità sociale e professionale (auto-realizzazione nella vita) e la felicità generale. Infine, ai partecipanti fu chiesto se i soggetti fossero in possesso di uno status di lavoro elevato o di uno status medio o basso.
I risultati mostrarono che la stragrande maggioranza dei partecipanti credeva che i soggetti più fisicamente attraenti possedessero delle caratteristiche di personalità socialmente più desiderabili rispetto ai soggetti mediamente attraenti o poco attraenti.
I partecipanti inoltre ritenevano che le persone fisicamente attraenti conducessero una vita generalmente più felice, con matrimoni più felici, che fossero genitori migliori e che avessero una carriera lavorativa di successo più brillante rispetto agli individui poco o meno attraenti. Inoltre i risultati mostrarono che le persone fisicamente attraenti fossero più propense a mantenere posti di lavoro sicuri e prestigiosi rispetto ai soggetti poco attraenti.
Diversi altri studi sull’effetto alone vennero effettuati negli anni Settanta. Tutti dimostrarono che, in moltissimi contesti come in ambito giuridico o come nella politica, un bell’aspetto assume un forte peso nella valutazione a prima vista delle persone.
Oggi l’effetto alone è oramai ben noto in molti settori. Nel mondo della moda ad esempio, l’aggiunta del nome di un noto stilista su un semplice paio di pantaloni può aumentare il suo prezzo enormemente.
L’applicazione dell’effetto alone in negoziazione si ha ad esempio, quando nell’affrontare una trattativa, uno dei negoziatori riesce a far associare la propria persona ad un ente importante o una persona influente possibilmente conosciuta dalla controparte. Il procurarsi un simile alleato aumenta la nostra autorità ed autorevolezza. Tutti elementi utili ad influenzare la nostra controparte ed a stimolarla nell’essere più predisposta verso di noi.
L‘effetto alone, al contrario di altri bias, è molto pericoloso in quanto se non stiamo attenti a giudicare le cose e le situazioni in maniera critica, rischia di farci commettere importanti errori sulle nostre decisioni di scelta.
Per maggiori approfondimenti su questa tipologia di argomento, si consiglia caldamente la lettura dei seguenti articoli:
- Bias e euristiche – le trappole della negoziazione
- Lo spazio negoziale
- Sparare alto – chiedere sempre di più rispetto a quanto si desidera ottenere
- Autoconvalida
- Ancoraggio
- Riprova sociale
[1] What is beautiful is good: https://faculty.uncfsu.edu/tvancantfort/Syllabi/Gresearch/Readings/17Dion.pdf
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