Una volpe, vedendo un serpente adagiato a terra, fu presa dall’invidia per la sua lunghezza, e le venne voglia di diventare come lui.
Si stese quindi vicino al serpente e cercò di allungarsi fino a che per gli eccessivi sforzi quella sprovveduta della volpe, crepò.
Morale della favola
Con questa favola, Esopo ci invita a conoscere i nostri limiti e a non ricercare di arrivare ad ottenere l’impossibile, o a voler essere ciò che non potremmo mai essere soprattutto nelle situazioni in cui siamo consumati dall’invidia.
Questa favola verrà ripresa dal favolista Fedro che scriverà: La rana e il bue, dove racconta l’esplosione di una rana che voleva essere grande come un bue.
Eccola:
Una volta in un prato, una rana vide un bue. Fu subito rosa dall’invidia per la notevole grandezza di quel bovino; dunque, nella speranza di eguagliare le dimensioni del bue, prese a gonfiare la sua pelle rugosa. Poi si voltò verso i girini e chiese loro: «Sono più grossa del bue, vero?». I figlioli scossarono la testa.
Ed eccola lì di nuovo, allora, a gonfiarsi tutta, sforzandosi ancora di più.
Allo stesso modo, si rivolse di nuovo ai girini e chiese loro chi fosse più grande: lei o il bue?
«Il bue» risposero in coro.
La furia della rana raggiunse il picco! Non voleva arrendersi e mentre per la terza volta, stava tentando di gonfiarsi di più, la sua pelle scoppiò e lei cadde morta.
Ispirandosi a Esopo e Fedro, la favola e la sua morale verranno riscritte, nel 1600, in modo molto interessante da un altro favolista: Jean de la Fontaine.
Ecco la sua versione
Grande non più d’un ovo di gallina vedendo il Bue bello e grasso e grosso, una Rana si gonfia a più non posso per non esser del Bue più piccina.
«Guardami adesso – esclama in aria tronfia – son ben grossa?».
«Non basta, o vecchia amica».
E la Rana si gonfia e gonfia e gonfia infin che scoppia come una vescica.
Borghesi, ch’è più il fumo che l’arrosto, signori ambiziosi e senza testa, o gente a cui ripugna stare a posto, quante sono le rane come questa!
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