La tecnica del poliziotto “buono” – poliziotto “cattivo” presuppone che dalla parte di chi la mette in pratica, ci siano almeno due persone.
Una che riveste il ruolo del cattivo, dell’intransigente, antipatico ed aggressivo mentre l’altra che ricopre il ruolo del buono, simpatico, comprensivo ed accomodante.
E’ possibile vedere l’applicazione di questo tipo di tattica in molte scene di film relative ad interrogatori effettuati generalmente da poliziotti che cercano di far confessare un crimine ad un presunto colpevole.
La tecnica ha inizio con l’interrogatorio del presunto colpevole da parte del poliziotto “cattivo” che si approccerà in modo molto prepotente ed agguerrito, minacciandolo che se non confesserà, si adopererà per far di tutto affinché possa essergli inflitta il massimo della pena.
Il poliziotto “buono” che fino a quel momento era stato in disparte, a quel punto cerca di calmare il suo collega “cattivo” e con una scusa lo allontana dal luogo dell’interrogatorio. Poi rivolgendosi al presunto colpevole, simula di allearsi con lui contro il poliziotto “cattivo”, promettendogli che se coopererà, si impegnerà personalmente prima a tranquillizzare il poliziotto “cattivo” e poi a far ridurre al minimo la condanna per il reato commesso.
Condizione necessaria affinché la tattica abbia effetto è che la persona interrogata sia convinta che il poliziotto “cattivo” abbia più potere decisionale del poliziotto “buono” e quindi bisogna concludere l’accordo prima che il “cattivo” scopra il tentativo di compromesso messo in atto dal “buono”.
Il contrasto percepito tra una minaccia di una pesante condanna prospettata dal poliziotto “cattivo” e il fatto di avere al proprio fianco una persona di cui poter avere fiducia e che lo vuole aiutare (il poliziotto “buono”), fa sì che la persona interrogata confessi quasi sempre.
Molto divertente è il video che segue, che sebbene non perfettamente aderente a quanto fino ad ora descritto, ti permetterà comunque di farti avere un’idea della tattica:
Poliziotto buono – poliziotto cattivo, applicata alla negoziazione
La tecnica poliziotto “buono” – poliziotto “cattivo” è applicabile anche nelle negoziazioni sia in caso di acquisto che di vendita.
Nel caso di una vendita il “cattivo” avanza con arroganza le condizioni negoziali nude e crude tali da far pensare alla controparte che siano proposte irremovibili.
Se invece si sta trattando un acquisto, si mostrerà molto irritato per l’inaccettabilità delle proposte e la scarsa disponibilità della controparte.
Il ruolo del “buono” invece, indipendentemente se si acquista o si vende, è quello che pur sostenendo le stesse condizioni del “cattivo”, cerca di addolcire il rapporto, consolando e rassicurando la controparte ed invitandola a fare uno sforzo di avvicinamento.
“Mi trovo pienamente d’accordo con lei ma purtroppo devo tuttavia stare dalla parte del mio collega/socio che oltre ad avere un’opinione differente della situazione non ha neanche un bel carattere. Pertanto, per favore, mi venga incontro affinché si possa arrivare immediatamente ad un accordo”.
In questo modo il negoziatore “buono” e più ragionevole finirà con l’assumere il ruolo di mediatore tra il compagno irritato e la controparte.
Il compito del “buono” è quello di riformulare le condizioni facendo delle piccole concessioni all’apparente insaputa del “cattivo”.
Concessioni che nella realtà sono solo un espediente ma che danno alla controparte l’illusione di aver comunque carpito un certo vantaggio.
Il “buono” ed il “cattivo” hanno già determinato in anticipo cosa vogliono, come e cosa sono disposti a cedere in cambio, illudendo la controparte.
Anche in questo caso la condizione necessaria affinché la tecnica funzioni è che la controparte sia convinta che il “cattivo” abbia più potere decisionale del “buono”. Quindi bisogna concludere l’accordo, prima che il “cattivo” scopra il tentativo di compromesso messo in atto dal “buono” e lo inibisca, negando le concessioni.
Poliziotto buono – poliziotto cattivo, quando uno dei due è virtuale
Questo tipo di tecnica è applicabile, anche quando una parte è rappresentata in forma virtuale dal negoziatore “cattivo”.
In questo caso il negoziatore “buono” si mostrerà come il collaboratore soggiogato da un responsabile dal carattere molto duro arrogante, dichiarandosi molto grato se la controparte collaborerà con lui al fine di trovare un accordo che accontenti le sicuramente eccessive richieste del suo responsabile.
Un esempio all’interno di una trattativa può essere quello in cui un venditore si dichiara disposto a concedere uno sconto che fino ad allora non era mai stato fatto a nessuno, sempre che però riesca a “convincere il suo capo”.
In realtà il prezzo “da farsi autorizzare” su cui si sta discutendo, è proprio il prezzo che aveva in mente fin dal principio e ciò che si svolge nell’ufficio del suo capo non è quel duro scontro che il venditore vuol farci credere. Anzi spesso non fa altro che prendersi quel tempo convincente per poter uscire dall’ufficio del capo con l’aria distrutta ma dichiarando la sua soddisfazione per lo sconto vantaggioso che è faticosamente riuscito ad ottenere.
Molto probabilmente il potenziale acquirente, dopo che avrà visto il venditore “lottare” contro il suo capo per garantire quello sconto, gli rimarrà veramente difficile dire di no a quel venditore che si è dato molto da fare per lui.
Limiti della tecnica, poliziotto buono – poliziotto cattivo
La tecnica del poliziotto “buono” – poliziotto “cattivo” una volta appresa, rimane facilmente identificabile.
Inoltre, è facilmente applicabile solamente contro persone sprovvedute e che si fanno facilmente impaurire. Oppure giovani con poca esperienza.
Il grosso rischio è che se applicata a persone che non rientrino in tale categoria si creeranno seri problemi di collaborazione. In questo caso la controparte capirà di avere a che fare con persone poche serie con cui assolutamente è meglio non negoziare.