La favola, dal latino fabula: cosa narrata, raccontata, è un genere letterario molto antico le cui origini sono da ricercare in Oriente.
Si tratta di una breve narrazione in prosa o in versi di una vicenda i cui protagonisti sono per lo più animali umanizzati, cioè che parlano e si comportano come gli uomini.
È in particolare la letteratura indiana e buddista che offre la più ampia testimonianza del genere favolistico, in particolare il Pañcatantra e le Jàtaka buddiste:
- Il Pañcatantra è la più famosa raccolta di favole indiane e probabilmente anche la più antica, in cui compaiono quali personaggi gli animali (sciacalli, topi, cornacchie, colombe, tartarughe, gazzelle, scimmie, etc) che con i loro diversi atteggiamenti, vili o coraggiosi, sciocchi o saggi, sono fonte di consigli in merito al vivere quotidiano.
- Le Jàtaka buddiste contengono numerose storie morali intorno alle molteplici vite che il Buddha ebbe a trascorrere in forma varia d’animale e d’uomo, prima di nascere definitivamente nelle spoglie dell’illuminato.
Anche l’Egitto faraonico conobbe una vivace fioritura di favole. I papiri ce ne hanno tramandato diversi esempi, il più importante dei quali è: l’Apologo dello Stomaco e delle Membra, particolarmente celebre nella Roma repubblicana in quanto utilizzato da Menenio Agrippa per convincere la plebe a riconciliarsi con i patrizi durante la prima secessione organizzata nel 494 a.C. dalla plebe romana.
Addirittura, nella Bibbia compaiono esempi moraleggianti che ricordano la favola: nel libro dei Giudici (IX, vv 8-15) è ricordata la vicenda degli alberi che eleggono loro sovrano il rovo; e questo avido di potere, si serve del fuoco per distruggere gli alberi presunti insidiatori del suo potere.
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Fabula docet
Le favole sono presenti in tutti i Paesi del mondo e in tutte le culture.
All’inizio esse furono create per gli adulti, come vere e proprie “istruzioni sulla vita” e “fonti di saggezza” allo scopo di insegnare i tanti perché del vivere quotidiano.
Le favole avevano lo scopo di far conoscere le caratteristiche negative presenti nell’animo umano che si manifestano nella vita reale di tutti i giorni, quali: l’inganno, l’arroganza, la stupidità, l’invidia e la falsità delle persone.
Inoltre fungevano da intrattenimento serale e come modo di condividere tradizioni orali. Solo successivamente verranno relegate al solo uso esclusivo dei bambini.
La favola nel mondo greco
Il mondo greco, nel mosaico delle sue componenti etniche indoeuropee ha recepito ed ha poi autonomamente arricchito l’ampio patrimonio di conoscenze della favola.
Ma è allo scrittore greco Esopo (620 – 564 a.C.) che va attribuita la sistemazione di tutto il patrimonio favolistico greco e la prima grande raccolta scritta di favole, circa 500.
Nel mondo greco antico, le favole di Esopo costituivano, insieme ai poemi omerici, l’Iliade e l’Odissea un testo propedeutico, cioè che ha come finalità l’insegnamento.
Attraverso questi piacevoli e brevi racconti di animali, i Greci imparavano le regole utili al vivere comune, quali la fedeltà nell’ amicizia, l’amore per il lavoro, la riconoscenza per i benefici ricevuti, l’importanza della sincerità e della moderazione.
Al tempo stesso però venivano a contatto, così da poter loro prestare attenzione, con le caratteristiche negative umane.
La favola nel mondo romano
In età romana la favola trova il suo più grande estimatore in Fedro (20 a.C. – 50 d.C. circa).
Ai personaggi tradizionali della favola esopica (animali, uomini e dei), Fedro aggiunge spesso lo stesso Esopo, simbolo dell’intelligenza e della saggezza popolare.
Fedro compose ben cinque libri di favole, dei quali ci sono giunti diverse parti (circa 100 favole).
In aggiunta anche se di più modesto valore è comunque da menzionare anche lo scrittore romano Flavio Aviano che ha vissuto tra il IV ed il V secolo d.C., autore di una raccolta di quarantadue favole.
La struttura narrativa e il linguaggio della favola
Solitamente la vicenda nella favola narrata è breve, con frasi molto semplici, costituita da un solo episodio dall’intreccio semplice e lineare.
La favola è di solito articolata in:
- Situazione iniziale, con la presentazione dei protagonisti;
- Sviluppo della vicenda, attraverso azioni e dialoghi;
- Situazione finale o conclusione, con la vittoria di uno dei protagonisti;
- Morale, insegnamento che la favola intende trasmettere che può essere esplicita, se é chiaramente inserita nel testo o implicita quando non é presente nel testo ma è il lettore a doverla dedurre.
Mentre il linguaggio è caratterizzato da:
- Dialoghi di poche battute, scambi di parole o frasi pronunciate dai personaggi e riportate dall’autore direttamente;
- Monologhi, parole o frasi pronunciate da un personaggio che non si rivolge in modo particolare a qualcuno, ma parla a se stesso.
I protagonisti della favola
I protagonisti sono per lo più animali che parlano e si comportano come persone ma possono essere anche uomini, oggetti, piante e divinità.
Spesso i protagonisti sono limitati a due o tre e rappresentano, con i loro comportamenti, i vizi (qualità negative) oppure le virtù (qualità positive) degli uomini.
I protagonisti, inoltre, presentano comportamenti e caratteri sempre in netta contrapposizione gli uni con gli altri. Ad esempio:
- Se uno è debole, l’altro è forte;
- Se uno è ingenuo, l’altro è astuto;
- Se uno è avido, l’altro è generoso.
Solitamente quando i protagonisti sono uomini, è perché per l’autore era difficile camuffare l’insegnamento che si voleva dare, attraverso storie di animali. Vedi ad esempio, nel caso, della favola di Esopo: Le due bisacce.
Gli animali nelle favole rappresentano vizi e virtù dell’uomo
I vizi e le virtù rappresentati dagli animali nelle favole sono quelle degli uomini.
Normalmente gli animali, interpretano ruoli fissi, abbastanza rigidi, che sono entrati nella cultura dell’uomo e nel linguaggio ordinario. Ad esempio:
- Il leone rappresenta la forza e la prepotenza;
- La tartaruga raffigura la saggezza;
- L’asino simboleggia la stupidità e l’ignoranza;
- il mulo rappresenta la cocciutaggine;
- Il lupo raffigura la prepotenza e la ferocia;
- L’agnello incarna l’innocenza e la timidezza;
- La formica raffigura la laboriosità e la previdenza;
- La cicala esprime la leggerezza e la superficialità;
- l’orso incarna la riservatezza;
- Il gatto simboleggia la curiosità;
- il cane raffigura la fedeltà;
- Il coniglio incarna la viltà:
- la lumaca rappresenta la lentezza;
- Il pavone raffigura la vanità;
- Il serpente simboleggia la perfidia;
- La iena incarna la cattiveria;
- L’avvoltoio è simbolo di opportunismo;
- La volpe è uno degli animali preferiti dai narratori di favole. Forse perché rappresenta la capacità di superare le difficoltà che incontra sfruttando la propria astuzia o la propria intelligenza, altre volte invece con l’adulazione o la menzogna, come nel caso della favola: La volpe e l’uva.
L’analogia animale-uomo, con i suoi vizi e virtù, si esprime anche nel linguaggio attraverso la similitudine e la metafora, come qui di seguito:
- Cattiveria – Cattivo come una iena (similitudine) – Sei proprio una iena! (metafora);
- Lentezza – Lento come una lumaca (similitudine) – Sei una lumaca! (metafora);
- Stupidità – Stupida come un’oca (similitudine) – Sei davvero un’oca! (metafora);
- Astuzia – Astuto come una volpe (similitudine) – Sei una volpe! (metafora);
- Ignoranza – Ignorante come un asino (similitudine) – Sei un asino! (metafora);
- Innocenza – Innocente come un agnello (similitudine) – E’ stato un agnellino (metafora);
- Vanità – Vanitoso come un pavone (similitudine) – Come ti pavoneggi! (metafora);
- Opportunismo – Cinico come un avvoltoio (similitudine) – Sei un pavone! (metafora);
- Scontrosità – Chiuso come un orso (similitudine) – Sei proprio un orso (metafora);
- Spavalderia – Arrogante come una pantera (similitudine) – Non fare la pantera con me! (metafora);
- Ingordigia – Ingozzarsi come un maiale (similitudine) – Che maiale che sei! (metafora).
Le caratteristiche di diversi animali sono entrate nel linguaggio di tutti i giorni anche grazie a modi di dire che, ricordano i proverbi. Quanto segue è un elenco di espressioni e modi di dire più diffusi legati all’associazione tra i comportamenti dell’uomo e le qualità animali:
- Allevare una serpe in seno – (amare e proteggere chi è pronto a ferirci);
- Essere un allocco – (essere una persona sprovveduta);
- Fare una vita da cani – (vivere una vita di difficoltà e stenti);
- Strisciare come un verme – (essere servili);
- Avere il cervello di una gallina – (avere poco cervello);
- Mangiare come un maiale – (ingozzarsi di cibo);
- Essere una mosca bianca – (distinguersi dalla moltitudine);
- Tagliare la testa al toro – (prendere una decisione risoluta);
- Dormire come un ghiro – (dormire a lungo);
- Essere un pecorone – (non pensare con la propria testa);
- Essere una pecora nera – (essere anticonformista e ribelle);
- Non far male a una mosca – (essere innocuo);
- Cantare come un usignolo – (avere una bella voce);
- Avere la pelle d’oca – (aver freddo o paura);
- Pavoneggiarsi – (esibirsi con vanità, farsi belli);
- Rimanere con un pugno di mosche – (rimanere senza nulla);
- Fare la figura del baccala – (fare la figura dello stupido);
- Ripetere a pappagallo – (ripetere qualcosa a memoria);
- Versare lacrime di coccodrillo – (fingere di provare dispiacere);
- Chiudersi a riccio – (diventare scontroso e introverso);
- Il canto del cigno – (l’opera finale di un artista);
- Ingoiare il rospo – (accettare una delusione o una brutta notizia);
- Gatta ci cova – (c’è qualcosa di poco chiaro o sospetto);
- Sputare il rospo – (dire qualcosa che si teneva lì da tempo);
- Prendere il toro per le corna – (affrontare di petto un problema);
- Essere in quattro gatti – (essere in pochi);
- Topo d’appartamento – (un ladro).
Il tempo e lo spazio nella favola
Nella favola mancano precise indicazioni temporali e spaziali.
Infatti, il tempo e il luogo in cui si svolgono le vicende, appaiono indeterminanti, non descritti in modo particolareggiato.
A volte si fa riferimento a una stagione dell’anno o un momento del giorno, oppure si accenna un luogo aperto (un bosco, un ruscello, un pozzo) o a un luogo chiuso (l’interno di un’abitazione) ma sempre in modo vago e impreciso.
Ciò trova una sua giustificazione nel fatto che per la favola non è tanto importante la descrizione dell’ambiente in cui agiscono i personaggi, quanto piuttosto la descrizione dei comportamenti dei personaggi stessi al fine di ricavarne insegnamenti e norme di vita, valide in qualunque ed in qualunque luogo.
La morale della favola
Tutte le favole hanno un morale, ossia un insegnamento da proporre.
La morale, ovvero, il consiglio di comportamento che si deve trarre dalla vicenda narrata, solitamente è esplicita, cioè viene espressa chiaramente dall’autore alla fine o, più raramente, all’inizio della favola stessa.
A volte, però, la morale è implicita, cioè nascosta, non dichiarata apertamente dall’autore, e allora in questo caso dovrà essere il lettore a ricavarla.
La favola nel corso del tempo
Dopo Esopo e Fedro altri scrittori utilizzarono il medesimo sistema, principalmente di Esopo, per creare le loro favole.
Seppure la favola ebbe una certa fortuna nel medioevo bisognerà aspettare la fine del Quattrocento durante il Rinascimento per poter essere completamente rivalutata.
Sono di questo periodo le favole di Leonardo da Vinci (1452 – 1519) che pur seguendo la struttura della favola classica presentano personaggi ed intrecci originali.
L’importanza della favola verrà poi riconsiderata anche nel Seicento grazie al poeta francese Jean de la Fontaine (1621 – 1695) che, ispirandosi a Esopo e Fedro, offrì per mezzo degli animali un quadro della vita e della società del suo tempo, mettendone in rilievo vizi e virtù.
Anche nel Settecento e nell’ Ottocento non mancarono grandi autori di favole come i russi Ivan Andreevič Krylov (1768 – 1844) e Lev Tolstoj (1828 – 1910).
La favola moderna
Il genere favolistico ha ispirato molti autori sia nel Novecento sia in epoca contemporanea. Tra gli italiani ricordiamo in particolare:
- Trilussa (1871 – 1950)
- Gianni Rodari (1920 – 1980)
- Alberto Moravia (1907 – 1990)
- Leo Lionni (1910 – 1999)
Le loro favole, però, riflettono una realtà più vicina alla nostra e sono caratterizzate da tematiche attuali e da tecniche narrative nuove e originali rispetto a quelle della favola antica tradizionale.
Più nello specifico, la favola moderna si differenzia da quella tradizionale per i seguenti aspetti:
- L’intreccio, in genere è più complesso e articolato;
- I personaggi sono maggiormente caratterizzati, cioè descritti in modo più completo e particolareggiato;
- I tempi e i luoghi sono maggiormente precisati;
- La morale è decisamente meno evidente, in molti casi essa è implicita, non dichiarata;
- Il linguaggio è caratterizzato da frasi più complesse e da dialoghi più mossi e articolati.
Molti autori moderni hanno riscritto alcune favole della tradizione classica interpretandole in modo diverso e, quindi, modificandone la conclusione e la morale.
La morale risulta, a volte, addirittura opposta a quella della favola classica.
Differenze tra favola e fiaba
A partire dall’Ottocento, nel linguaggio comune, spesso la favola viene confusa con la fiaba, che però in realtà, designa un tipo di racconto molto diverso.
Infatti, nella fiaba a prevalere è il gusto del narrare racconti intrisi di elementi magici e meravigliosi, con principi, fate ed esseri fantastici di matrice prevalentemente popolare.
La fiaba si diffuse moltissimo nell’Ottocento, perché appariva conforme alla sensibilità romantica, aiutata anche dall’enorme fortuna dei fratelli Grimm, i cui libri di fiabe risalgono al 1812-1815.
Proprio nell’Ottocento si generò la confusione terminologica tra i due generi, che ancora rimane nella lingua italiana
Perché oggi le favole sono ancora importanti
Come abbiamo avuto modo di vedere la favola, nata come espressione di poesia popolare ha assunto nel corso del tempo una sua dignità letteraria.
Ai giorni nostri, in un mondo alla ricerca di informazioni poche ed immediate ed in cui si rischia di perdere i valori, la favola diventa importante.
Indipendentemente dalla nostra età, molte di queste favole possono ancora oggi farci riflettere e insegnarci a divenire persone migliori.
Curiosità – Che cosa vuol dire: Lupus in fabula
Lupus in fabula è un’espressione latina che significa “Il lupo nella favola nel discorso”. Si usa per indicare qualcuno che giunge improvvisamente, proprio nel momento in cui si sta parlando di lui.
La frase ha anche un significato scherzoso per dire: “Stavamo proprio parlando di lei”.
Una frase analoga è l’altra espressione altrettanto famosa: “Parli del diavolo, e spuntano le corna”.
Favole formative
In questo blog sono raccolte, molte favole, di diversi autori.
Sono sicuro che indipendentemente dalla nostra età, molte di esse possano aiutarci nell’ambito della nostra crescita personale in questo caotico mondo.
Se sei interessato alla morale, ovvero l’insegnamento che puoi trarre dai racconti e dalle favole, vai alla categoria: Racconti e Favole Formative. Ne troverai moltissime.
A proposito di autori di favole, leggi anche:
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