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Che cos’è la Memoria nella retorica di Cicerone

Consegnare alla mente quanto percepito con i sensi

La Memoria nella retorica di Marco Tullio Cicerone (106 -43 a.C.) è la quarta delle cinque fasi dell’arte di saper comunicare che servono per formulare un buon discorso.

 

Le altre, vedi in particolare l’articolo presente su questo blog dal titolo: La retorica di Cicerone, sono, nell’ordine:

  • INVENTIO (l’invenzione): Trovare cosa dire. È la ricerca di argomenti validi e credibili. Molto interessante lo spunto di riflessione, contenuta sempre nell’Inventio, sull’efficacia di ricorrere al Ridicolo (l’ironia, l’umorismo, le battute di spirito e i doppi sensi);
  • DISPOSITIO (la disposizione degli argomenti): è il mettere in ordine tutto il materiale che si è trovato al fine di supportare il nostro discorso, nonché la sua organizzazione secondo un certo criterio;
  • ELOCUTIO (l’elocuzione): Riguarda la scelta delle parole e delle frasi adatte agli argomenti del contesto. L’Elocutio viene quindi sempre dopo la scelta degli argomenti che verranno utilizzati (Inventio) e la loro disposizione (Dispositio) all’interno di un discorso o di uno scritto. Nell’ambito dell’Elocutio, è contemplata anche la Metafora;
  • MEMORIA (la memoria): Di cui ci occupiamo in questo articolo. E’ l’imparare a memoria. Il solido possesso degli argomenti e delle parole nella mente;
  • ACTIO (la declamazione): E’ l’uso della voce, dell’espressione del volto e della gestualità, in modo adatto agli argomenti trattati.

Quanto segue è tratto (con adatt.) principalmente dall’opera De oratore, di Cicerone.

 

Solo quelli che hanno una buona memoria sanno che cosa dire, entro quali limiti ed in quale modo.

Certamente è la natura la fonte principale di una buona memoria, tuttavia, quasi nessuno ha una memoria tanto salda da poter ricordare l’ordine di tutte le parole o di tutti i nomi o di tutti i concetti senza apposite tecniche di organizzazione mentale.

Né d’altra parte vi è alcuno di memoria così labile da non ricevere alcun giovamento grazie all’abitudine e all’esercizio.

 

L’inventore della mnemotecnica

Simonide di Ceo (556-468 a.C.) è ritenuto l’inventore della mnemotecnica, ossia delle regole e dei metodi adoperati per memorizzare in modo facile e veloce informazioni difficili da ricordare. (il nome mnemotecnica deriva da Mnemosine, la Dea Greca della memoria).

Si racconta che una volta Simonide che era stato invitato a cena, insieme ad altri ospiti, nella casa di un suo conoscente, nel corso del banchetto si allontanò dall’abitazione in quanto chiamato per una faccenda urgente. Durante la sua assenza la sala in cui stavano cenando crollo uccidendo tutti i commensali.

Quando i congiunti vollero seppellirli, non li poterono riconoscere in alcun modo in quanto erano completamente maciullati dalle ferite.

Simonide allora li identifico uno per uno per la sepoltura perché ricordava la posizione che ognuno di loro occupava durante il banchetto.

Stimolato da questo episodio, egli capì che l’ordine era l’elemento fondamentale per illuminare la memoria.

 

Consegnare alla mente quanto percepito con i sensi

Simonide, o chi ne fu l’inventore, ha visto bene: nella nostra mente prendono forma soprattutto le immagini delle cose trasmesse e impresse dai sensi.

Fra tutti i nostri sensi, il più acuto e la vista: perciò è possibile ricordare con molta facilità ciò che abbiamo percepito con l’udito o il pensiero se lo consegniamo alla mente anche con l’aiuto della vista.

Ad ogni modo per tutto ciò che ricade sotto la vista, c’è bisogno di una sede. Infatti, un corpo non può essere immaginato senza un luogo in cui collocarlo.

In definitiva bisogna servirsi di visualizzazioni chiare, semplici, di immagini vive, intense, significative, che possono presentarsi alla mente con prontezza e colpirla.

Questa capacità si sviluppa con l’esercizio, da cui a sua volta nasce l’abitudine, con la memorizzazione di parole simili, organizzate in categorie dal particolare al generale e con la sintesi di un intero concetto in una singola immagine.

La memoria delle parole, che è meno necessaria per noi, si distingue per una maggiore varietà immagini.

Vi sono infatti molte parole che, come le articolazioni del corpo umano, tengono insieme fra loro le parti del discorso, e che non possono essere rappresentate con nessuna immagine simile: dobbiamo dunque crearci in questo caso delle immagini particolari di cui servirci sempre.

È invece propria dell’oratore la memoria delle cose, e possiamo fissarla disponendo con cura le singole figure rappresentative, così da tenere stretti i pensieri tramite le immagini, il loro ordine tramite i luoghi.

Non è vero ciò che dicono gli inesperti, cioè che il peso delle immagini restringe la memoria e offusca anche ciò che le capacità naturali da sole avrebbero potuto ricordare senza stratagemmi.

Al contrario io stesso ho conosciuto uomini grandissimi, dotati di memoria quasi divina, i quali dicevano che fissavano ciò che volevano ricordare per mezzo di immagini collocate in luoghi creati a tale scopo, come con la scrittura sulla cera.

Perciò con questo esercizio se non si potrà cavar fuori una capacità mnemonica completamente assente per natura, ma certamente, se essa si nasconde in noi, la si può far emergere.

 

Riguardo il saper comunicare, ti consiglio anche di leggere gli altri articoli che sono, su questo blog, all’interno della categoria Comunicazione Efficace

 


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