Origini di Roma
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Origini di Roma

Dalla leggenda alla fine della monarchia

Le origini di Roma sono avvolte nella leggenda.

Come molti altri popoli dell’antichità anche i Romani elaborarono dei miti per spiegare le origini della propria città.

La leggenda più accreditata sulla sua origine è quella nella quale Enea abbandonata, insieme ad altri cittadini, la città di Troia, conquistata e incendiata dai Greci, fugge, verso Ovest in compagnia del vecchio padre Anchise e del figlioletto Ascanio, con la protezione della madre, la dea Venere.

 

L’arrivo di Enea nel Lazio 

Come si racconta nel poema epico dell’Eneide, scritto dal poeta Publio Virgilio Marone (tra il 29 e il 19 a.C.), dopo un viaggio per mare lungo e pericoloso, Enea e gli altri esuli troiani approdano nel territorio di Laurentum (l’attuale zona di Castel Porziano), dove vengono subito accolti con benevolenza dal re del luogo, il cui nome è Latino.

Secondo quanto riportato nell’Eneide, Latino è subito favorevole ad Enea in quanto una profezia gli aveva preannunciato che l’unione di uno straniero con sua figlia Lavinia avrebbe generato una stirpe erica e gloriosa. Per questo motivo il re aveva aspettato a concedere sua figlia al giovane re dei Rutuli, Turno, che l’aveva chiesta in sposa.

Riguardo i dettagli dell’incontro, lo storico Tito Livio nella sua opera Ab Urbe Condita libri (I,1)  fornisce due versioni di come dovrebbero essere andate le cose:

  • La prima è che trascorso poco tempo da quando erano sbarcati, i troiani si trovarono di fronte il re: Latino, pronto a dare battaglia con il suo esercito. Ad ogni modo Latino perse lo scontro e fu costretto a stringere con Enea un trattato.

 

  • Una seconda versione, e che prima che fosse dato il segnale di inizio della battaglia, il re Latino invitò il comandante degli stranieri (Enea) ad un colloquio. Venuto a conoscenza della loro storia e pieno di ammirazione per avere di fronte a sé Enea figlio di Anchise e della dea Venere, gli tese la mano affinché si impegnassero in un trattato di alleanza.

Latino aggiunse anche un patto privato oltre che a quello pubblico, promettendo in moglie ad Enea sua figlia Lavinia.

Enea insieme agli altri esuli troiani, avuti poi dei terreni da Latino, cominciarono la fondazione della città di Lavinium (l’attuale Lavinio, presso la zona di Pratica di Mare). Il nome è in onore di Lavinia.

La promessa di dare sposa la figlia di Latino ad Enea, provocò però l’irritazione del re dei Rutuli, Turno, che entrò così in guerra sia contro Enea che con Latino.

Con l’avvicinarsi dello scontro con i Rutili, un po’ per accattivarsi il favore dei Latini ed affinché i due popoli risultassero uniti non solo sotto la stessa autorità, ma anche sotto lo stesso nome, Enea decise che i due popoli si sarebbero chiamati, da ora in poi, entrambi Latini.

La guerra, ben descritta nell’Eneide, dopo una serie di scontri, nel quale trova la morte il re Latino, terminò con un duello tra Enea e Turno, con l’uccisione di quest’ultimo.

 

Fondazione di Alba Longa

Trenta anni dopo la fondazione di Lavinium, dal momento che la popolazione era in eccesso, venne fondata da Ascanio (figlio di Enea) sotto il monte Albano una nuova città che, dalla sua posizione allungata nel senso della dorsale montana, fu chiamata Alba Longa.

Ascanio che era conosciuto dai latini anche col nome di Iulio, regnò sulla città per quattro anni, fino alla sua morte che avvenne quattro anni dopo la fondazione.

Dal nome Iulio secondo la propaganda augustea derivò la gens Iulia, a cui appartenne Gaio Giulio Cesare e lo stesso Ottaviano Augusto (figlio adottivo di Cesare).

Dopo Ascanio altri dodici re regnarono sulla città di Alba Longa.

 

Romolo e Remo

Il tredicesimo re, Numitore, fu spodestato dal fratello Amulio, il quale dopo aver fatto uccidere i figli maschi di Numitore, obbligò la nipote Rea Silva, sempre figlia di Numitore, a diventare una sacerdotessa, cosicché da non poter avere figli.

La leggenda narra però che il dio Marte avesse sedotto Rea Silva la quale diede alla luce due gemelli.

Quando Amulio seppe della nascita dei due bambini, ordinò che fossero annegati nel timore che uno dei gemelli un giorno potesse diventare re di Alba Longa.

I gemelli invece di essere affogati, furono abbandonati in una cesta sul fiume Tevere.

Grazie al provvidenziale intervento di una lupa che li salvò e li allattò, i due gemelli furono poi raccolti, vicino ad una zona del Tevere, che stando alla leggenda una volta si chiamava Romulare (da ciò deriva probabilmente il nome dato ai due neonati: Romolo e Remo) da un pastore di nome Faustolo che li portò alla moglie Larenzia affinché li allevasse.

Tito Livio nel suo; Ab urbe condita (I,4), racconta che ce anche chi crede che questa Larenzia la chiamassero lupa perché si prostituiva. Da ciò appunto è lo spunto di questo racconto sull’allattamento dei neonati da parte di una lupa.

Il pastore Faustolo che era venuto a conoscenza che dei neonati erano stati abbandonati per volere del re Amulio proprio nel periodo in cui li aveva presi con sé, suppose immediatamente che i bambini allevati in casa sua fossero di sangue reale.

Una volta che i ragazzi diventarono adulti, raccontò loro la verità, ed essi al momento opportuno trovarono il modo di vendicarsi di Amulio, riportando sul trono il nonno Numitore, il quale in segno di gratitudine diede loro il permesso di fondare una città, proprio in quei luoghi, vicino al Tevere, in cui erano stati trovati ed avevano passato l’infanzia.

Come luogo per la fondazione della futura città, Remo scelse l’Aventino, Romolo il Palatino.

Sul luogo ed il nome della nuova città e su chi dovesse regnare dopo la sua fondazione, nacque una discordia tra i due. Romolo dopo aver tracciato il perimetro dell’abitato, uccise Remo.

L’anno in cui accaddero questi avvenimenti sarebbe stato, secondo la tradizione, il 753 a.C.

 

Il colle Palatino è il primo nucleo di Roma

La leggenda di Romolo e Remo, elaborata quando Roma era già grande, aveva lo scopo di dimostrare che la città era destinata fin dalle sue origini ad avere un futuro glorioso.

In realtà, come per le altre città del Lazio, anche per Roma non si può parlare di fondazione, ma di una formazione lenta e graduale.

All’inizio Roma era un piccolo villaggio di pastori. Intorno ai secoli X e IX a.C. sul colle Palatino, si formò il più antico insediamento: un piccolo nucleo di capanne ricoperte di tetti di paglia e abitate da pastori e agricoltori.

 

Roma si sviluppa sui sette colli

Gli scavi archeologici hanno rivelato la presenza di capanne risalenti al 1000 a.C. anche sugli altri colli di Roma.

I sette colli di Roma sono:

  1. Aventino
  2. Campidoglio, detto anche Capitolino
  3. Celio
  4. Esquilino
  5. Palatino
  6. Quirinale
  7. Viminale

Origini di Roma

Dunque, probabilmente, Roma nacque dall’unione di diversi villaggi di pastori e agricoltori sorti lungo il fiume Tevere in periodi diversi. Proprio sul fiume Tevere passava la via del sale (fondamentale per la pastorizia e la conservazione dei cibi), che univa le saline costiere con l’interno agricolo. Attraverso il Tevere avveniva anche il trasporto del legname appenninico verso il mare.

Nel VIII secolo a.C. poi il villaggio sul Palatino impose il suo dominio sugli altri colli e li inglobò, giungendo a formare un unico nucleo abitato più esteso, governato da un’unica autorità.

La sua posizione sulla riva del fiume Tevere favoriva i contatti con le città latine che le sorgevano intorno e con gli Etruschi che occupavano il Lazio settentrionale.

Sede di scambi commerciali, Roma fu frequentata da subito da genti diverse: Greci, Sabini, Latini, Etruschi, che ne costituirono anche i primi abitanti.

 

Dall’ VIII al VII secolo a.C. Roma è una monarchia

Secondo la tradizione tramandata dagli storici antichi, Roma alle origini fu governata da sette re:

  1. Romolo – regnò tra il 753 e il 716 a.C.
  2. Numa Pompilio – regnò tra il 715 ed il 673 a.C.
  3. Tullio Ostilio – regnò tra il 673 ed il 641 a.C.
  4. Anco Marcio – regnò tra il 640 ed il 616 a.C.
  5. Tarquinio Prisco – regnò tra il 616 ed il 579 a.C.
  6. Servio Tullio – regnò tra il 578 ed il 535 a.C.
  7. Tarquinio il Superbo – regnò tra il 535 e il 509 a.C.

 

L’ottavo re di Roma e il ratto delle sabine

La tradizione non contempla tra i sette re di Roma: Tito Tazio, che inizialmente era il re sabino della città di Cures.

Fu incoronato re di Roma insieme a Romolo dopo il leggendario ratto delle sabine.

La leggenda relativa al ratto delle sabine narra che Romolo stesso (il primo re di Roma), per popolare la città organizzò dei giochi, cui parteciparono anche i Sabini, e i Romani ne rapirono le figlie.

In base a quanto riportato da Tito Livio nel suo Ab Urbe condita (I,13) Tito Tazio re dei sabini di Cures riuscendo a corrompere una vestale era riuscito ad entrare nel Campidoglio con i suoi soldati per scontrarsi con i romani colpevoli del rapimento. A quel punto le donne sabine che erano state rapite si frapposero tra le due fazioni implorando di metter fine allo scontro.

Venne così stipulato un accordo di pace tra i due popoli, su di una via che da quel momento in poi sarebbe stata denominata Via Sacra.

Tito Tazio si sarebbe stabilito con i suoi sabini sul colle del Quirinale. Romolo sarebbe rimasto sul Campidoglio. I due popoli si sarebbero fusi e loro avrebbe regnato insieme su Roma in una sorta di monarchia collegiale.

Tito Tazio regnerà insieme a Romolo solo per cinque anni. Egli sarà ucciso a Lavinio in dei disordini che si erano creati per il fatto che si era ostinato nel difendere dei suoi parenti che si erano macchiati di gravi crimini.

Sempre in base a quanto scritto dallo storico Tito Livio nel suo Ab Urbe condita (I,14), pare che Romolo fosse addolorato della cosa meno del dovuto, sia per la dubbia affidabilità di una simile divisione del potere, sia perché credeva che quella morte non fosse del tutto immeritata.

Ad ogni modo vera o falsa che sia la storia del ratto delle sabine, dietro la veste leggendaria si può vedere il tentativo di spiegare la fusione dei due popoli (romano e sabino) nella Roma delle origini.

È certo che nei primi due secoli della sua storia Roma fu governata da una monarchia elettiva, cioè da un re che veniva eletto dalle famiglie nobili della città.

I primi quattro re (cinque se aggiungiamo Tito Fazio) erano di stirpe latino-sabina.

Gli ultimi tre re erano, invece, di stirpe etrusca, e questo concorda con l’ipotesi di una supremazia esercitata dagli Etruschi sul Lazio nel VI secolo a.C.

 

Roma si trasforma in una grande città

Sotto gli ultimi re, di stirpe etrusca (Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio il Superbo) Roma conobbe un grande sviluppo commerciale e urbanistico: la tradizione attribuisce loro la costruzione di opere come il Circo Massimo, il tempio di Giove capitolino sul Campidoglio, le Mura Serviane, la Cloaca Massima (una sorta di grande sistema fognario).

Risalgono inoltre, a quest’epoca la costruzione di case in mattoni e tegole, che andarono a sostituire le antiche capanne, e le strade in pietra.

L’influsso etrusco spinse i Romani benestanti a importare vasellame pregiato dalla Grecia e a consultare gli aruspici per conoscere la volontà degli dei prima di prendere decisioni importanti.

 

Dalla Monarchia alla Repubblica

Il periodo dei re si concluse nel 509 a.C.

Fu in quell’anno, infatti, che i Romani, mettono fine al predominio etrusco sul Lazio, cacciando Tarquinio il Superbo, descritto dagli storici antichi come un tiranno.

In realtà la cacciata dell’ultimo sovrano riflette la volontà delle principali famiglie romane di assumere il controllo diretto della città, sottraendolo agli Etruschi.

Durante il periodo della monarchia, infatti, Roma era diventata il centro più importante del Lazio ed era entrata in conflitto con le città-stato etrusche per il controllo delle vie di comunicazione e dei traffici commerciali.

Se vuoi sapere approfondire gli avvenimenti che seguirono dopo il 509 a.C., ti consiglio la lettura di un interessante articolo presente su questo blog dal titolo: Perché Cicerone fu ucciso?.

 


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