Arthur Schopenhauer nacque nel 1788 da una ricca famiglia borghese nella città di Danzica, oggi in Polonia, ma all’epoca faceva parte della Prussia occidentale.
Suo padre Heinrich Floris Schopenhauer (1747 – 1805), avrebbe voluto che il figlio diventasse un commerciante come lo era stato lui, ma Arthur invece decise che avrebbe fatto il filosofo.
Grazie alla fortunata condizione famigliare il giovane Schopenhauer ha la possibilità di viaggiare e conoscere molti paesi europei. L’intenzione del padre è che il figlio con quei viaggi possa acquisire una formazione mercantile, necessaria per lavoro che avrebbe dovuto svolgere. Queste esperienze tuttavia lo porteranno a nutrire una visione dolente e pessimistica della vita, non disgiunta da un severo disprezzo per la stupidità del mondo e la miseria degli uomini.
Senza inoltrarci in analisi psicologiche Schopenhauer comincerà a nutrire fin da giovane, una crescente insofferenza per il mondo borghese da cui fu circondato.
Durante tutto il corso della sua vita diverrà un duro martellatore dei valori di quella borghesia europea che per nascita, educazione e pratica di vita conosceva fin troppo bene e che erano rappresentati da protocolli di comportamento creati apposta, a suo modo di vedere, per rendere tristi e senza nessuna contropartita l’esistenza degli uomini che vi si sottomettevano.
In particolare:
- l’apparenza, il prestigio e la posizione sociale,
- la razionalità, il successo e il decoro,
- la rispettabilità, la serietà settimanale e il sorriso domenicale,
- la decenza, il buon nome e l’opinione della gente,
- il matrimonio, e la devozione religiosa,
- la produttività, il progresso e la fiducia nella scienza,
ed infine il collante che tiene tutti questi valori assieme e senza il quale nessuno di essi vale nulla, cioè il denaro.
Indice dei contenuti
Le ragioni della ragione pessimistica della vita
La visione pessimistica e disincantata della vita trova una giustificazione sia nella storia personale di Schopenhauer sia nei problemi dell’epoca in cui viveva.
Riguardo le problematiche dell’epoca, bisogna dire che siamo nella prima metà dell’Ottocento, periodo in cui l’Europa attraversa una profonda trasformazione dal punto di vista tecnico, economico e sociale, ottenuta però a prezzo di pesanti sacrifici. La nascente società industriale, infatti fa intravedere grandi possibilità di progresso e di soddisfacimento delle esigenze, ma presenta anche risvolti opposti e inquietanti.
In primo luogo, tale progresso non è a vantaggio di tutti e, in secondo luogo, in genera nuovi e drammatici conflitti di carattere morale.
Anche il poeta e letterato italiano Giacomo Leopardi (1798 – 1837), a cui Schopenhauer fu associato come pensiero, elaborava all’incirca negli stessi anni una visione pessimistica e disincantata della vita, reagendo in tal modo hai miti del progresso miti del progresso, della perfettibilità del genere umano e della felicità a tutti i costi e apparendo anch’egli autore straniero e inattuale agli occhi dei suoi contemporanei.
Nella visione pessimistica di Schopenhauer e anche in quella di Leopardi, si riflette quindi il crollo delle speranze che l’illuminismo settecentesco aveva nutrito circa un mondo retto dalla ragione e avviato in modo irreversibile sulla strada del benessere, del progresso tecnico scientifico e della felicità degli uomini. Speranze che si rivelano illusorie, smentite dall’avvento di una società conflittuale che diventa sempre più inumana.
La decisione di seguire la sua indole
Dopo la morte del padre avvenuta nel 1805 (precipitò dal tetto della loro impresa di famiglia, le reali cause del decesso non si conoscono, ma si presume per suicidio), rimase combattuto per circa due anni tra la promessa fatta al padre di occuparsi dell’attività commerciale di famiglia e la sua passione per gli studi classici.
Nel 1807 deciderà definitivamente di chiudere con quel mondo fatto di traffici commerciali e di dedicarsi completamente alle sue passioni.
Inizia così a dedicarsi allo studio dei classici, della filosofia e dell’arte greca. Futuri suoi punti di riferimento che segneranno il suo pensiero filosofico saranno Platone ed il filosofo tedesco Immanuel Kant (1724 – 1804).
Comincia anche lo studio dell’antichissima sapienza orientale delle Upanishad (un insieme di testi religiosi e filosofici indiani composti a partire dal IX – VIII secolo a.C.) e dei testi buddisti.
Fieramente ateo non volle mai trovare nessun motivo di consolazione nel Cristianesimo. Al contrario considerava superiore gli insegnamenti derivanti dal buddismo (Buddha sarà sempre per lui il più alto esempio di moralità).
I difficili rapporti con la madre
Con la madre Johanna Trosiener (1766 – 1838), più giovane di ventidue anni rispetto al padre di Arthur, ebbe un rapporto molto conflittuale.
Dal carattere molto disinibito e preoccupata soprattutto per la propria carriera di scrittrice, non amava prendersi cura dei figli. Infatti, quando divenne vedova nel 1805 lasciò il diciassettenne Arthur ad Amburgo a seguire la ditta di famiglia e si trasferì a Weimar, insieme alla sorella più piccola di lui, Louise Adelaide, (detta Adele).
Qui la madre istituì un salotto letterario, frequentato da tutte le anime elette del tempo: i fratelli Grimm, i fratelli Schlegel, Wieland e perfino Goethe.
Ebbe in quel periodo molti amanti, che saranno uno dei principali motivi della rottura dei rapporti con il figlio.
Le prime delusioni
La sua prima pubblicazione, se si esclude la tesi universitaria del 1813 “sulla quadruplice radice del principio di ragione sufficiente”, è il trattato pubblicato nel 1816 (passato inosservato ai più) “Sulla vista e sui colori”.
Nel 1818 pubblica, appoggiandosi all’editore Brockhaus a Lipsia, quello che lui considerò sempre la sua opera principale: Il mondo come volontà e rappresentazione.
Fu un insuccesso clamoroso, non venne letto inizialmente quasi da nessuno. Gran parte delle copie finirono addirittura al macero.
Nel 1820 ottiene la cattedra di Filosofia all’università Berlino, dove ha un duro scontro con Friedrich Hegel (1770 – 1831) considerato il massimo filosofo dell’idealismo tedesco dell’epoca.
Agli occhi di Schopenhauer, Hegel appare come un accademico mercenario che per ambizione, ha elaborato una filosofia ingannatrice, al fine di convincere gli uomini che la realtà è permeata di razionalità e che ogni evento, anche drammatico, trova una sua giustificazione nel processo di sviluppo dello spirito
Impuntatosi nel voler tenere le sue lezioni nelle medesime ore in cui si svolgevano i corsi di Hegel deve sospendere le lezioni, perché non ha allievi disposti a seguire i suoi corsi.
Nel 1835 Schopenhauer chiese all’editore Brockhaus, senza ottenere successo, che vi fosse una seconda ristampa del “Il mondo come volontà e rappresentazione”.
Un suo nuovo scritto: ”Sulla volontà nella natura” riuscì a farlo pubblicare nel 1835, solo perché riuscì a trovare uno stampatore a Francoforte. Tale pubblicazione non ebbe sorte migliore delle precedenti altre.
L’arrivo del successo
Il primo timidissimo riconoscimento arrivò nel 1839 con la pubblicazione del saggio: “Sulla libertà del volere umano“, che venne premiato dalla Reale Società delle Scienze di Norvegia.
L’anno seguente (1840) pubblicò, senza però riscuotere un grande clamore, pubblicò un altro saggio: “Fondamento della morale“.
Il successo però, quello vero, per Schopenhauer arrivò solo nel 1851, grazie alla pubblicazione dei “Parerga e paralipomena”. Vi lavorò sei anni dal 1845 al 1850, e anche dopo la pubblicazione non cessò di apportarvi correzioni e aggiunte.
Si tratta di un libro di scritti frammentari (ma ordinati sistematicamente) nato come una serie di pensieri, esempi e chiarimenti a quello che avrebbe dovuto essere la sua opera principale “il mondo come volontà e rappresentazione”.
Il libro “Parerga e paralipomena” ebbe una grande visibilità in quanto venne invece visto invece dal grande pubblico, non come un libro di “contorno” alla sua opera principale, ma come un libro a sé stante, pieno di aforismi e frasi utili per affrontare le difficoltà della vita.
Negli ultimi anni della sua vita (morirà nel 1860) Schopenhauer fu quindi visto come un filosofo pessimista ma saggio che elargiva massime e aforismi nei quali era facile specchiarsi o trovare conforto.
Dalle sue opere principali sono state estratte nel corso del tempo, tutta una serie di pubblicazioni postume:
- L’arte di ottenere ragione
- La saggezza della vita
- L’arte di essere felici
- L’arte di farsi rispettare
- L’arte di insultare
- L’arte di trattare le donne
- Il primato della volontà
- L’arte di conoscere sé stessi
- L’arte di invecchiare
- La filosofia delle università
- Sul mestiere dello scrittore è sullo stile
- Scritti postumi 1
- Scritti postumi 3
- Il mio Oriente
Se vuoi approfondire, il suo pensiero, leggi anche gli altri articoli su Schopenhauer presenti su questo blog:
Un Commento
UN RICHIAMO
Condivisione: L’arte di ottenere ragione di Schopenhauer ~ NEGOZIAZIONE.blog