La-struttura-del-testo-teatrale
in ,

La struttura del testo teatrale

Com’è composto un copione

Il testo teatrale ha una struttura molto semplice e precisa, progettata per essere interpretata dagli attori sul palcoscenico e per coinvolgere il pubblico.

La struttura di base di un testo teatrale comprende generalmente i seguenti elementi:

  • Titolo;
  • Elenco dei personaggi;
  • Atti e scene;
  • Didascalie;
  • Battute, che a loro volta si suddividono in: Dialoghi; Monologhi e piccoli Monologhi; Le tirate; Gli “a parte”; Il “tra sé”, Il soliloquio; Il “Fuori campo”.

 

Titolo

Il titolo del testo teatrale è il nome dell’opera che appare all’inizio del copione.

 

Elenco dei personaggi

Ogni testo teatrale è preceduto dall’elenco dei personaggi che appaiono sul copione.

Accanto al nome di ogni personaggio si può trovare una breve descrizione delle sue caratteristiche e della sua personalità.

I personaggi possono essere elencati in ordine di importanza o in ordine di apparizione.

 

Atti e scene

L’opera teatrale può consistere in un atto unico, oppure in più atti. Sia nel primo che nel secondo caso saranno divisi in più scene numerate in sequenza.

Queste divisioni aiutano a organizzare la trama e le azioni.

Gli atti e le scene suddividono l’opera in parti gestibili e aiutano a definire i cambiamenti nell’ambientazione, nel tempo e nella trama.

La divisione in atti e scene non è comunque una regola fissa: nel Teatro Greco per esempio non esisteva, mentre nel Teatro Contemporaneo sono frequenti le rappresentazioni in un atto unico.

Abbiamo già detto che in un testo teatrale il numero degli atti può variare; se un testo non presenta questa divisione si definisce atto unico.

Generalmente ogni atto corrisponde a un momento compiuto della vicenda che si svolge in un luogo e in un arco di tempo determinati. Può essere ad esempio lo stesso giorno (o momento del giorno) e nello stesso ambiente.

Ogni atto è separato da un intervallo, cosa che non succede tra una scena e l’altra.

Alla fine di ogni atto cala il sipario e inizia un intervallo, che può essere necessario per il cambio di scenografia. In sala si accendono le luci e il pubblico si alza, si muove, chiacchiera.

Un tempo vigevano regole stringenti, le cosiddette unità aristoteliche, poiché tradizionalmente attribuite al filosofo greco Aristotele; fissate per rendere più verosimile la messa in scena. Tali regole prescrivevano che la vicenda narrata nelle opere teatrali dovesse presentare:

  • Unità di tempo (la vicenda doveva esaurirsi nell’arco di una giornata);
  • Unità di spazio (la vicenda doveva svolgersi in un unico luogo);
  • Unità di azione (la vicenda doveva sviluppare un solo nucleo drammatico).

A tal proposito leggi, su questo blog, l’articolo: Il Teatro Greco.

 

La suddivisione in atti facilita la comprensione dello svolgimento della storia, in modo non troppo dissimile da ciò che fanno i diversi capitoli nella struttura di un romanzo.

Le scene sono le parti in cui si dividono gli atti.

Di solito il passaggio da una scena all’altra è contrassegnato dall’entrata o dall’uscita di uno o più attori. All’inizio di ogni scena viene riportato l’elenco dei personaggi presenti.

La sequenza numerata delle scene è utile, oltre che al regista e agli attori, anche agli assistenti tecnici: ad esempio il tecnico delle luci, il tecnico del suono.

 

Didascalie

Le didascalie aiutano il regista e gli attori a dare vita al testo teatrale. Esse vengono solitamente scritte in corsivo (si possono trovare anche tra parentesi).

Di lunghezza variabile, costituiscono delle vere e proprie istruzioni di regia. Esse indicano dove si svolge l’azione, precisano caratteri e modalità della scena, delle musiche, delle luci, dei costumi, stabiliscono l’entrata e l’uscita dei personaggi, le modalità espressive di recitazione, gli sviluppi della narrazione.

Le didascalie ovviamente non devono essere pronunciate dagli attori.

Ecco alcuni esempi di didascalie:

  • L’epoca e l’ambiente (a Torino; ai nostri giorni.);
  • Il luogo della singola scena. In ogni testo teatrale devono essere sempre presenti indicazioni precise sui luoghi in cui si svolgono le vicende. Ad esempio: l’orto dei Capuleti; nella locanda di Mirandolina.;
  • L’abbigliamento dei personaggi (l’abito di tutti i giorni; togliendosi il cappello, ecc.);
  • Le azioni degli attori e i loro spostamenti in scena (in alto appare Giulietta; il servitore corre ad aprire la porta, ecc.);
  • L’intonazione delle battute (con asprezza; con ironia; sottovoce; gridando, lamentandosi, sorridendo, piangendo, ecc.);
  • Pause (lieve pausa, lunga pausa).

In definitiva, le didascalie sono indicazioni importanti perché rivelano come l’autore ha concepito la rappresentazione del testo, fin nei particolari.

Al regista (con l’aiuto dello scenografo e del costumista) le didascalie sono necessarie per costruire materialmente l’ambiente in cui si svolge la scena e per impartire agli attori precise informazioni sulla recitazione.

In Pirandello le didascalie sono frequenti e minuziose. L’autore voleva che gli attori si calassero nei personaggi nel modo in cui egli li aveva creati. Per renderti conto di quanto entrasse nei dettagli, vedi: “Sei personaggi in cerca d’autore”.

Ogni autore, comunque, ha libertà di definire a sua discrezione quali e quante didascalie apportare al testo.

 

Battute

Il testo teatrale è costituito, per la quasi totalità, da ciò che i personaggi dicono ad altri o a sé stessi.

Gli attori agiscono e parlano sulla scena di fronte agli spettatori e la vicenda emerge dalle parole dei personaggi, cioè dalle loro battute.

Dalle battute dei personaggi che si alternano sulla scena ricaviamo moltissime informazioni riguardanti lo sviluppo della vicenda, gli antefatti, gli eventi non messi in scena oppure accaduti altrove.

È molto importante il ritmo che viene dato alle battute. Possono risultare brevi e stringate, se il ritmo è veloce e concitato, oppure ampie, elaborate, con pause intermedie, se il ritmo è lento e pacato.

Le battute sono sempre introdotte dal nome del relativo personaggio. Si possono suddividere in: Dialoghi, Monologhi e Piccoli Monologhi, Tirate, Soliloquio, gli “a parte”; il “tra sé”, e i “Fuori campo”.

 

Dialoghi

La parte principale di un testo teatrale è costituita dai dialoghi tra i personaggi.

Essi sono scritti in modo specifico per ciascun personaggio e sono essenziali per far avanzare la trama, per sviluppare i singoli caratteri e comunicarne le emozioni.

Quando il dialogo coinvolge tre o più persone si parla di “concertato”.

Abbiamo invece un “botta e risposta” quando le battute sono brevi e caratterizzate da un ritmo incalzante.

 

Monologhi e piccoli monologhi

Occorre fare innanzitutto una distinzione tra monologo e piccolo monologo. Il primo costituisce per intero lo spettacolo; per meglio spiegare, sul palcoscenico reciterà un solo attore o una sola attrice.

Il piccolo monologo invece avviene all’interno di uno spettacolo teatrale con più attori.

Nel caso del monologo l’interprete può rappresentare un solo personaggio o anche diversi personaggi; può servirsi o meno di scenografie e di costumi, di brani musicali, di voci fuori campo: il tutto finalizzato alla comprensione del testo che rappresenta.

Il piccolo monologo avviene nell’ambito di una rappresentazione con più personaggi, laddove l’interprete è rimasto solo sulla scena, oppure gli altri personaggi presenti restano in silenzio o eseguono delle controscene.

Il piccolo monologo può modificare il ritmo dell’azione e rappresentare un momento particolarmente significativo della vicenda.

Nell’interpretazione del piccolo monologo, il personaggio può esprimere i suoi punti di vista, i pensieri, i sentimenti e le emozioni.

In sintesi, la differenza principale tra un monologo e un piccolo monologo sta nella durata e nell’estensione. Il monologo è più ampio e dettagliato e costituisce spettacolo a sé stante, mentre un piccolo monologo è breve e focalizzato su un aspetto specifico, all’interno di uno spettacolo più ampio, con più personaggi.

 

Le tirate

Le tirate sono lunghe battute, quasi piccoli monologhi.

Sono spesso utilizzate per esporre pensieri, sentimenti, conflitti o argomentazioni dei personaggi in modo dettagliato e approfondito.

A differenza del piccolo monologo, la tirata è utilizzata per rappresentare discussioni, dispute più o meno animate, o argomentazioni tra i personaggi, contribuendo così a generare tensione drammatica.

Le tirate possono variare notevolmente in termini di lunghezza e complessità.

 

Gli “a parte”

Gli “a parte” sono un tipo di battuta che il personaggio pronuncia a mezza voce, rivolgendosi direttamente al pubblico, in modo che gli spettatori sentano; lo scopo è quello di creare una certa complicità.

Gli altri attori presenti sulla scena si comporteranno come se non sentissero nulla.

Queste battute vengono precedute dall’espressione “a parte” in corsivo.

 

Il “tra sé”

Il “tra sé” è una battuta, simile agli “a parte”, ma in questo caso l’attore sì rivolge a se stesso, come se pensasse ad alta voce. A differenza degli “a parte”, si tratta quindi di una o più battute non direttamente rivolte al pubblico.

Queste battute vengono precedute dall’espressione “tra sé” in corsivo.

 

Il soliloquio

Il soliloquio è il discorso di un personaggio che parla tra sé e sé o che si rivolge a interlocutori immaginari oppure assenti dalla scena.

Il soliloquio si ha quando il personaggio è solo in scena e pensa o riflette, sempre però ad alta voce, in modo che il pubblico possa sentire.

 

Il “fuori campo”

Il “fuori campo” è una battuta pronunciata da un personaggio fuori scena e quindi non visibile agli occhi degli spettatori.

Si può anche trattare di una voce registrata, oppure pronunciata a volume alto da dietro le quinte.

I “fuori campo” sono sempre segnalati da apposite didascalie.

 

Se ti piace saperne di più sul teatro, leggi anche gli altri articoli che sono, su questo blog, all’interno della categoria: Teatro

 

I Sumeri

I Babilonesi: un viaggio attraverso le ere di una civiltà antica