Con l’espressione vittoria di Pirro si indica una vittoria ottenuta a un prezzo eccessivamente alto, tanto da aver reso quasi inutile la vittoria stessa
Questo modo di dire si riferisce a un fatto storico, che resiste al tempo.
Nel 281 a.C. Taranto, città della magna Grecia, in guerra contro i romani chiamò in suo aiuto Pirro, re dell’Epiro (una zona tra la Grecia e l’Albania) il quale sbarcò sulla penisola italiana con un forte esercito ben armato, composto anche da elefanti dotati di torrette con arcieri.
Nel 280 a.C. presso Eraclea (odierna Policoro in Basilicata), Pirro sconfisse le legioni romane.
L’anno successivo (279 a.C.) nei pressi di Ascoli Satriano (Puglia) si svolse una seconda battaglia, molto dura e sanguinosa, ma anche questa volta Pirro sconfisse i romani.
Si racconta che ad un ufficiale che si congratulava con lui per il successo riportato sui romani, Pirro avesse risposto, in modo molto preoccupato: “Ancora un’altra vittoria come questa, e perderò la guerra”.
Pirro, infatti, capiva che quella sua vittoria, ottenuta a così caro prezzo, con perdite pesanti di uomini e mezzi, non gli avrebbe più permesso di continuare la campagna militare contro i romani.
L’esercito del re Pirro verrà poi infatti definitivamente sconfitto nel 275 a.C. a Maleventum (che i Romani ribattezzarono per l’occasione Beneventum).
Anche se di norma è associato a una battaglia militare, questo modo di dire è per analogia utilizzato anche nel mondo della politica, dello sport e degli affari.