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Tito Maccio Plauto

Il più grande commediografo di tutti i tempi

Della vita di Plauto poco si sa, e del poco si dubita. L’unico elemento certo è che fosse un attore girovago.

A parte ragguagli sfuggevoli che gli storici hanno desunto dall’analisi delle sue commedie, come il luogo e la data di nascita: Sàrsina, attuale provincia di Forlì – Cesena, in Emilia Romagna intorno al 250 a.C., l’unico altro dato certo lo fornisce Cicerone, che nel Brutus indica la data della sua morte: 184 a.C..

Non si conosce neanche il suo vero nome. La tradizione lo indica come Titus Maccus Plautus, ma Maccus era il nome di una maschera (il ghiottone, ingordo e balordo) dell’Atellana, ed è quindi probabile che Plauto lo usasse come nome d’arte. Del resto, Maccus, nell’Atellana, era un personaggio che, fingendo di essere stupido, si permetteva di dire cose pungenti.

Anche il nome Plautus potrebbe essere un nomignolo. Infatti, in latino vuol dire “orecchiuto” e corrispondeva al nome di una razza canina dalle grandi orecchie; tali cani venivano chiamati “cani plauti”. Da Plauto deriva anche il nome Pluto, il cane di topolino dalle orecchie grandi e cascanti.

È Plauto stesso che canzona il proprio nome nel prologo della sua commedia “Càsina” (La fanciulla del caso) inserendo la battuta: “Plauto, quello che ha il nome di un cane”.

Ad ogni modo le fonti concordano sul fatto che Plauto si trasferì da Sàrsina a Roma molto giovane, al seguito di una Compagnia teatrale con la quale lavorava come attore di farse atellane.

Le sue prime tre commedie ebbero un successo strepitoso immediato.

Le sue trame e le sue soluzioni comiche sono state riprese dalla commedia di tutti i secoli successivi e alcuni dei personaggi sono giunti fino a noi in una molteplicità di rifacimenti e reinterpretazioni. Plauto è quindi da considerarsi tra i più grandi della letteratura latina, nonché il più grande commediografo di tutti i tempi.

 

Le presunte 130 commedie di Plauto

Divenuto ricco e famoso grazie al proprio lavoro e al successo straordinario, dopo la sua morte cominciarono a circolare moltissimi falsi e imitazioni (circa 130 commedie).

Ciò era dovuto al fatto che le Compagnie teatrali per fare cassa dicevano che la commedia in scena era di Plauto, così da fare il pienone.

Circa un secolo dopo la sua morte gli studiosi e i filologi del tempo iniziarono a discutere su quali fossero veramente di Plauto e quali no.

L’intervento decisivo in questo senso fu di Marco Terenzio Varrone, che nel I secolo a.C. isolò, con il consenso degli studiosi dell’epoca, ventuno commedie ritenute certamente scritte da Plauto.

Questo intervento fece sì che proprio queste ventuno commedie, normalmente definite “varroniane”, nelle epoche successive continuassero ad essere copiate, trascritte, rappresentate e arrivassero fino a noi.

 

Le ventuno commedie varroniane di Plauto

Le ventuno commedie “varroniane” di Plauto sono:

  1. Amphitruo (Anfitrione);
  2. Asinaria (La commedia degli asini);
  3. Aulularia (La commedia della pentola);
  4. Bacchides (Le due Bàcchidi);
  5. Casina (La fanciulla del caso);
  6. Curculio (Il gorgoglione – è il nome di un vorace parassita del grano)
  7. Menaechmi (I due gemelli);
  8. Miles gloriosus (Il soldato fanfarone);
  9. Mostellaria (La commedia del fantasma);
  10. Pseudolus (Psèudolo, è il nome proprio dello schiavo protagonista);
  11. Captivi (I prigionieri);
  12. Cistellaria (La commedia della cesta);
  13. Epidicus (Epidico, nome del servo protagonista);
  14. Mercator (Il Mercante);
  15. Persa (Il Persiano);
  16. Poenulus (Il cartaginese);
  17. Rudens (La gomena);
  18. Stichus (Stico, nome di uno schiavo)
  19. Trinummus (Le tre dracme);
  20. Truculentus (Lo zoticone);
  21. Vidularia (La commedia del baule). Purtroppo, di questa commedia, a parte il titolo, restano solo pochi frammenti; ciò è dovuto al fatto che i grossi manoscritti, in età antica e nel medioevo, potevano sbriciolarsi e rovinarsi nelle ultime pagine. La “Vidularia” che si trovava in fondo ai manoscritti, si è purtroppo polverizzata nel tempo.

 

La fabula palliata di Plauto

Tutte le commedie di Plauto appartengono al genere della Fabula palliata. Una commedia scritta e recitata in latino ma a trama e ambientazione greca, chiamata così perché gli attori indossavano il pallium, un pezzo di stoffa quadrangolare portato sulla veste a mo’ di mantello, tipico dei greci.

La fabula palliata si distingue dalla fabula togata, commedia latina di ambientazione romana o italica, dove gli attori indossavano la toga: l’abito nazionale dei romani.

Quindi, trattandosi di “palliate”, nessuna commedia di Plauto è ambientata a Roma: sono tutte ambientate in una città greca e i personaggi sono greci.

 

Il prologo plautino

Il prologo è un personaggio che compare all’inizio della commedia per informare gli spettatori sull’antefatto e/o per dare a volte anticipazioni sulla storia.

Nelle commedie di Plauto, il prologo mira per lo più a creare con la platea un rapporto amichevole, simpatico, confidenziale.

Può essere interpretato da un personaggio che entra in scena con un cartello dalla scritta prologus e una volta recitata la sua parte se ne va, oppure da un attore che nella commedia interpreterà anche un altro ruolo.

A volte il prologo rappresenta una divinità, come nel caso della Aulularia (La commedia della pentola), da cui Molière ha tratto ispirazione per L’avaro. In questo caso si tratta del Genio della casa (il Lare domestico).

Vedi a tal proposito su questo blog: Aulularia (La commedia della pentola) – Prologo

 

La trama nella commedia di Plauto

Le trame delle commedie di Plauto hanno intrecci complicati ma anche molto ripetitivi: ben sedici commedie su venti, infatti, sia pure con molte varianti, presentano la medesima struttura fondamentale.

Lo schema generale della trama prevede: un giovane vuole sposare una ragazza, qualcuno si oppone, qualcuno lo aiuta.

L’interesse della vicenda è garantito dagli ostacoli che vengono frapposti e in qualche modo superati, dagli equivoci che vengono a un certo punto chiariti.

Molti i colpi di scena, per cui una cosa che non doveva succedere, succede; quando un progetto viene sventato, se ne presenta subito un altro.

 

La rottura dell’illusione scenica in Plauto

Uno degli aspetti più tipici del teatro di Plauto è la tendenza a sottolineare, per trarne effetti comici, il carattere artificioso e ludico dell’evento teatrale.

Plauto ama svelare esplicitamente, e quasi smascherare, la finzione teatrale in quanto tale, come per richiamare gli spettatori alla consapevolezza di star partecipando insieme con l’autore, gioiosamente complici, a un gioco che li diverte entrambi.

Si vedano ad esempio gli inviti rivolti al pubblico a intervenire nell’azione, come nella scena nove dell’Alularia (La commedia della pentola). In questa scena viene rappresentato il celebre monologo in cui l’avaro Euclione implora gli spettatori perché lo aiutino a ritrovare la sua pentola piena d’oro.

 

Epilogo nelle commedie di Plauto

L’epilogo è la conclusione della vicenda, che nelle commedie di Plauto è sempre a lieto fine.

Nell’immancabile lieto fine il giovane e i suoi aiutanti hanno la meglio sugli antagonisti e l’Adulescens realizza i suoi desideri amorosi.

L’epilogo di solito contempla un banchetto, un matrimonio o una bella risata di tutti i personaggi insieme, sia i vittoriosi che gli scornati.

 

I personaggi tipici delle commedie di Plauto

Plauto predilige la caratterizzazione dei tratti tipologici generali dei personaggi, senza approfondirne l’individualità; non lo interessano le sottigliezze psicologiche dell’animo umano. I suoi personaggi presentano infatti caratteristiche fisse, che possiamo assimilare a vere e proprie “maschere”.

Queste caratteristiche fisse, questi tratti tipologici, vengono spesso esagerati, caricati: da qui il termine “caricatura”.

Da commediografo intelligente e consumato, Plauto sa che attraverso la caricatura si possono sfruttare appieno le potenzialità comiche del personaggio, ottenendo come risultato la risata del pubblico, che scatta non da una situazione o da una battuta, bensì proprio dalle caratteristiche abnormi, esagerate e caricate del personaggio stesso. Alla fine, non si può che ridere.

Ciò comporta certamente una prevedibilità dei personaggi, ma Plauto, da artista intelligente qual era, aveva capito che i romani, a differenza dei greci, quando andavano a teatro non volevano pensare, volevano soprattutto ridere.

I personaggi principali di Plauto sono: l’Adulescens, il Servus Callidus, il Miles, il Senex, il Lenone e la Uxor morosa et dodata.

 

Adulescens (Il giovane innamorato) nelle commedie di Plauto

L’adulescens è il giovane innamorato e ostacolato. Come già detto, compare in sedici commedie su venti. Egli desidera una fanciulla, ma al raggiungimento di questo obiettivo si frappone un ostacolo.

L’amore dell’adulescens non è analizzato nelle sue pieghe psicologiche, perché, come abbiamo già detto, a Plauto non interessa approfondire la psicologia individuale, quanto piuttosto la caratterizzazione del personaggio.

Anche l’ostacolo si configura come una situazione tipica e rientra di solito in una delle seguenti tipologie:

  • il giovanotto si è innamorato di una prostituta e quindi non la può sposare, perché lui è di buona famiglia;
  • la fanciulla non è una prostituta ma è comunque povera e di umili origini e quindi lui non la può sposare perché il padre lo vuole sistemare meglio;
  • la ragazza è stata già promessa in sposa a qualcun altro, spesso un vecchio (senex), oppure su di lei ha già posato gli occhi un soldato (miles) borioso e prepotente.

L’adulescens, svantaggiato dall’essere economicamente dipendente dal padre, lotta per far valere i suoi diritti della gioventù e dell’amore ed è validamente sostenuto da uno o più aiutanti: un giovane amico, un vecchio comprensivo, un parassita (cioè uno squattrinato che si mette al servizio di qualcuno chiedendo in cambio ospitalità alla sua mensa), o, più spesso, un servo intelligente e audace: il Servus Callidus.

 

Servus Callidus (Il servo scaltro e astuto) nelle commedie di Plauto

Il servus Callidus è il servo scaltro e astuto. Si tratta di una maschera fondamentale di quasi tutte le commedie di Plauto. Nella sua funzione di aiutante del giovane, il servo architetta trovate ingegnose e inganni a volte geniali che muovono l’intreccio, per cui la commedia sembra veramente costruirsi sotto le sue mani.

In molti casi la trama consiste proprio in una serie di espedienti, trovate ingegnose, finzioni e inganni messi in opera dal servo astuto per raggirare, truffare e imbrogliare gli antagonisti del giovane innamorato.

Il servo astuto, nelle commedie di Plauto, può essere paragonato ad un regista che, sotto gli occhi degli spettatori, sceneggia la vicenda, architetta la frode, l’inganno per permettere al giovane, solitamente il suo padroncino, di unirsi alla ragazza amata. Sceglie i personaggi che dovranno collaborare con lui nella realizzazione di questa messa in scena e li indottrina sul da farsi.

Ma c’è anche un altro motivo per cui il Servus Callidus è il personaggio plautino per eccellenza; egli è infatti l’incarnazione del comico. È sfrontato, strafottente, insolente con i suoi antagonisti; sue sono le battute più taglienti e anche quelle più grossolane da comicità crassa, sboccata e a volte oscena che piaceva tanto ai romani.

Attorno alla coppia, quasi onnipresente in Plauto, cioè: il giovane innamorato e lo schiavo aiutante astuto, ruotano molti altri personaggi, sempre fissi, in particolare gli antagonisti.

Come dice Propp (leggi a tal proposito l’articolo: Le funzioni e i ruoli di Propp nelle fiabe), gli antagonisti sono quei personaggi che ostacolano il raggiungimento dell’obbiettivo del protagonista. Nelle commedie di Plauto uno di questi è il Miles (il soldato).

 

Miles (il soldato) nelle commedie di Plauto

Il Miles è il soldato (un mercenario al servizio di re orientali, figura tipica del mondo greco – ricordiamoci che Plauto rappresenta la Fabula palliata, quindi non c’è nessun riferimento al soldato romano) ricco, borioso e stupido (bersaglio ideale per il servo scaltro) che abusa della sua condizione di militare per assumere atteggiamenti arroganti e prepotenti.

Nel suo ruolo di antagonista, normalmente insidia la stessa fanciulla amata dall’Adulescens ed è convinto di uscire vittorioso perché sicuro di possedere qualità eccezionali di uomo e di seduttore. In realtà è uno stupido e Plauto ci tiene a metterlo in ridicolo e a farlo finire umiliato e bastonato, soddisfacendo le aspettative del pubblico che sin dall’inizio sa che il Miles è la vittima predestinata e ride di lui non senza una punta di crudeltà.

Uno dei Miles più famosi di Plauto è senza dubbio quello descritto in una delle sue commedie più famose: Il Miles Gloriousus.

 

Senex Avarus e Senex Libidinosus nelle commedie di Plauto

Del Senex (l’anziano), Plauto tratteggia due tipologie: il Senex Avarus (avaro) e il Senex Libidinosus (libidinoso).

Si tratta di un altro antagonista per eccellenza, immancabile nelle commedie di Plauto.

Il primo, il Senex Avarus, è il protagonista più famoso della commedia di Plauto, l’Aulularia (La commedia della pentola) ed è anche colui da cui ha tratto ispirazione Molière per il suo Arpagone nella famosa commedia L’avaro.

Molto più sfruttato è il secondo tipo, il Senex Libidinosus: il vecchio voglioso che vorrebbe conquistare le fanciulle, come nelle commedie: Mercator (Il mercante) e Casina (La fanciulla del caso).

Negli intrecci il Senex è spesso il padre dell’adulenscens, e la fanciulla di cui quest’ultimo è innamorato è la stessa su cui ha messo gli occhi il padre.

Si crea quindi una situazione tipica “ricorrente” in cui Senex e Adulenscens (padre e figlio) rivaleggiano per l’amore della stessa ragazza, la quale naturalmente, grazie agli intrighi del Servus (l’aiutante dell’Adulenscens), finirà nelle braccia del figlio, mentre il padre libidinoso finirà scornato e svergognato.

Può anche darsi però che la commedia si concluda con una riconciliazione tra padre e figlio, oppure, come nelle Bacchides, con un bel festino di padri, figli e ragazze, tutti insieme.

 

Lenone o Leno (il mercante e sfruttatore di prostitute) nelle commedie di Plauto

Il Lenone è un altro antagonista delle commedie di Plauto.

Oggi questa parola non si trova più nel nostro vocabolario: si tratta del pappone, o magnaccia, lo sfruttatore delle prostitute.

Cinico e arrogante, antipatico per eccellenza, il lenone è una maschera già di per sé moralmente odiosa al pubblico.

Negli intrecci delle commedie di Plauto il Lenone è di solito il protettore della prostituta, della ragazza di cui si è innamorato l’Adulescens, il quale per averla, o per riscattarla, deve pagare, e siccome il Lenone è un cinico ripugnante e affarista, non si intenerisce di fronte ai sentimenti di un giovanotto: i soldi li vuole.

L’Adulescens però i soldi non li ha. Li deve prendere dal padre (il Senex), il quale però non glieli darà perché è un Senex Avarus, oppure semplicemente perché di tutta questa faccenda non deve sapere niente.

Glieli carpirà il Servus Callidus, che, con la sua intelligenza astuta, architetterà intrighi e tranelli per beffare il Senex e farsi dare i soldi.

 

Uxor morosa et dotata nelle commedie di Plauto

Una maschera meno ricorrente delle altre, ma molto divertente. Si tratta della moglie del Senex.

Bisbetica, autoritaria, tirchia, scorbutica e intrattabile, è colei che ha portato in casa la dote. In pratica è quella che ha i soldi e tiene stretta la borsa.

Il marito, che ne è succube, la teme e lei lo fa rigare dritto, organizzando a volte lei stessa una beffa per punirlo delle sbandate nei confronti di donne più giovani, come accade per esempio nella commedia Casina (La fanciulla del caso).

Una magnifica interpretazione (1956) di questo personaggio è di Titina De Filippo in Totò, Peppino e i fuorilegge. Si tratta di una delle tante dimostrazioni di come i personaggi di Plauto siano rimasti, nei secoli, attuali, in quanto incarnano caratteri e difetti degli individui di ogni luogo e tempo.

 

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